«Abusivi? Qui c’eravamo prima noi»

COLPA Nella logica degli autonomi, il problema è di chi ha comprato una casa occupata da un’altra famiglia

Qui in via dei Transiti 28 li chiamano speculatori e intrallazzoni. Gente che in realtà ha fatto un affare a comprare una casa occupata pagandola un terzo del suo valore reale. «E non vengano a dire che non lo sapevano: quando l’hanno presa all’asta c’era già una famiglia dentro. Se la sono portata via a 40/45 milioni al massimo delle vecchie lire», dicono gli autonomi. Qui in via dei Transiti 28, i coniugi Mura, proprietari da 20 anni di un appartamento al secondo piano dove non hanno mai potuto mettere piede, ma di cui continuano a pagare tutte le spese, sono passati dalla parte del torto. Sono loro ad aver sbagliato nel 1991 quando hanno voluto acquistare 70 metri quadrati in questa palazzina in una piccola traversa di viale Monza finita in mano agli abusivi dal 1979. Sono loro a non essere stati «puliti» e onesti fino in fondo e ora è inutile che facciano tanto clamore e si lamentino di non poter vivere in quell’alloggio. C’è pure scritto nero su bianco sul muro accanto al portone: «Chi compra questa casa, compra anche gli occupanti». «E poi cosa vogliono quelli lì? L’affitto non lo pagano, le spese neppure, e un’altra casa ce l’hanno». Giurano gli autonomi che abitano qui che sono trent’anni che chiedono di essere regolarizzati e di poter pagare la locazione ai legittimi proprietari. Raccontano con rabbia che i due pensionati sono venuti in via dei Transiti un sacco di volte, con la Digos, con gli avvocati. «Siamo stati in ballo per metterci d’accordo, ma poi non ci hanno fatto sapere più niente». Quindi? Colpa dei Mura, s’intende. E però, qui al T28 non devono essere tanto sicuri che sia davvero così. Glielo ricorderà il prossimo 10 febbraio l’ufficiale giudiziario quando suonerà al portone di via dei Transiti con l’ingiunzione di sfratto. «Noi speriamo in un altro rinvio chiaramente». L’ennesimo.
Marchino è uno di quelli che abita nell’appartamento dei pensionati, insieme alla sua famiglia. Quando cerchiamo di metterci in contatto con lui, preferisce nascondersi dietro a un telefono cellulare di un amico e non rispondere alle domande. Siamo il nemico e si sente, lo si capisce dai loro sguardi, dalle parole che usano e che gridano da un lato all’altro della strada perché tutti sappiano chi sono i buoni e i cattivi. I condomini hanno appeso persino un cartello all’ingresso della palazzina annunciando un’assemblea per decidere una strategia di difesa, come e quando rispondere agli articoli pubblicati nei giorni scorsi su questo giornale. Che li hanno offesi, umiliati e innervositi perché hanno raccontato la storia di un marito e di una moglie che aspettano da 20 anni di poter entrare nel loro appartamento occupato abusivamente. Scendono in cinque per strada per ribadire le loro ragioni, le urlano a muso duro e poi spariscono di nuovo nel cortile della palazzina. Trenta famiglie in tutto, la metà abusive e le altre con un regolare contratto o proprietarie dell’alloggio. Un ambulatorio popolare nel portone accanto e un fazzoletto di verde davanti. «Sono trent’anni che vivo qui, ho comprato la casa nel 1979 e ci vivo benissimo» dice con sicurezza una ragazza che abita nello stabile occupato. E guai a parlare male di quelli che stanno qui. «Sono tutte brave persone, famiglie. Muratori, imbianchini, ex poliziotti. Gente normale, mica con tre teste, cosa credi?».
Antonio anche lui si è comprato un appartamentino in via dei Transiti.

Fa il muratore e avrebbe una gran voglia di parlare, ma quando arrivano gli altri «compagni» si ammutolisce e come per un accordo tacito, fa un passo indietro. Poi quando loro se ne vanno, si volta indietro per un momento. «Comunque, al posto dei Mura io non avrei mai comprato quella casa sapendo che era occupata. Ma dico, cosa gli è venuto in mente?».

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