Achab esploratore della coscienza

Andar per mare con il desiderio di inseguire le rotte audaci della conoscenza; di sposare la morte, al fine di compiere l’estrema e più spericolata professione di amore verso la vita. L’annunciato Moby Dick che Giorgio Albertazzi (interprete nel ruolo di Achab) e Antonio Latella (regista) presentano da questa sera all’Argentina sembra profilarsi innanzitutto come un affresco umano ombreggiato di coraggio, follia e poetica riflessione sul senso dell’esistenza. Il celebre romanzo di Melville resterà dunque quella complessa epopea enciclopedica di sfide e avventure marine che tutti conosciamo ma, nell’elaborazione drammaturgica di Federico Bellini, si caricherà anche di significati nuovi e, in ultima analisi, più profondi. Complici alcuni intarsi dell’Inferno dantesco e del repertorio shakespeariano (opere con le quali, tra l’altro, il grande maestro toscano si è spesso pregevolmente misurato) e complice, tanto più, la voglia di mettere in scena una storia di balenieri e di caccia che rimandi però in primo luogo al mito del viaggio di iniziazione, del viaggio esplorativo dentro di sé, del viaggio di conoscenza. «Achab - spiega il regista - è in eterna ricerca del suo punto e a capo, di una nuova Maiuscola da cui far ripartire la vita, della giusta lettera da lasciare in eredità al grande oceano da cui bisogna ritirarsi. Ed è proprio in questo grande oceano che quell’immensa balena bianca non è poi così grande... anzi, forse è talmente piccola che è impossibile afferrarla». Al di là dell’impalcatura più visibile della trama, questo robusto romanzo-spettacolo si fa carico, in definitiva, di un’universalità sempre attuale. E non è un caso che spesso il teatro abbia avvertito la necessità di raccontarlo, sebbene con accenti diversi. Basti citare il recente reading di Alessandro Baricco proposto nei giorni scorsi all’Auditorium per il RomaEuropa Festival (artefici dell’iniziativa anche Stefano Benni, Paolo Rossi e Clive Russell) o lo storico allestimento di Vittorio Gassman pensato per Genova e poi approdato in uno spazioso studio di Cinecittà (nonché sul piccolo schermo) oppure, ancora, la versione più intima che ne fece Roberto Bacci.

Questa lettura di Latella, già esportata a Parigi e affidata ad un cast che vede impegnati pure, tra gli altri, Marco Foschi (Ismaele), Marco Cacciola (Stubb), Timothy Martin (Quiqueg), sembra inoltre l’appendice ideale di uno degli ultimi lavori del regista campano, quel Pericle di Shakespeare declinato anch’esso tutto all’insegna del mare, del viaggio, della ricerca.

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