Acqua, contro gli sperperi in arrivo tariffe più salate

Corrado Clini, direttore generale del ministero dell’Ambiente: "La risorsa idrica è un bene prezioso, su questo punto è necessario un cambio di mentalità. In Italia la perdita media della rete è più del doppio di quella di Germania e Regno Unito"

Acqua, contro gli sperperi 
in arrivo tariffe più salate

Roma - L’acqua non è più un bene «infinito», ma un bene «prezioso». E come tutte le merci rare «deve costare» per i consumatori e non deve essere sprecata dai gestori, pena sanzioni per chi la disperde.

È necessario soprattutto «un cambio di mentalità» per affrontare l’emergenza siccità, spiega il professor Corrado Clini, direttore generale del ministero dell’Ambiente, al di là delle misure urgenti che il governo potrebbe decidere nelle prossime settimane in vista di un’estate torrida ed esposta a un rischio idrologico abbastanza serio, come ha sottolineato la Protezione Civile nel suo rapporto. Un’estate, soprattutto, a rischio black out elettrici.

Professor Clini, quale è il livello dell’emergenza?
«Siamo in una ordinaria situazione di rischio idrico, ma non è un'emergenza improvvisa. C’erano dei segnali premonitori: scarse precipitazioni invernali, poca neve. Colpisce che di fronte a un dato preventivato ci si trovi a ragionare in termini di emergenza. Il problema è che c’è una gestione e un consumo di acqua come se fosse una risorsa infinita».

Il ministro Pecoraro Scanio ha parlato di un piano antisprechi. Che idee avete?
«Il primo aspetto è quello di risolvere in modo strutturale il problema degli investimenti e della manutenzione della rete idrica».

Quanta acqua viene dispersa dalla rete idrica?
«La perdita media della rete è tra il 50 e il 60% di acqua al sud, 40-50% al centro, mentre al nord è tra il 25 e il 30%. Per fare un esempio la media di dispersione di acqua della rete in Germania e Regno Unito è del 15%».

Come si può intervenire sulla rete idrica?
«Negli ultimi dieci anni gli investimenti sono stati tagliati del 30%. C’è poi il problema delle tariffe. Il rapporto tra tariffe e investimenti non è così chiaro. Sono tra le più basse rispetto agli altri Paesi europei. Ma bisogna aumentare anche il riutilizzo delle acque industriali sia nei cicli industriali che nell’agricoltura. Si può pensare anche a un cambio delle tecniche di irrigazione: non più a pioggia, ma a goccia, per esempio, almeno in molti casi».

Perché tutta questa dispersione di acqua?
«Le reti sono vecchie, fatte male in alcuni casi, i sistemi idrici, soprattutto nel sud, spesso sono in condizioni di abbandono e di pessima gestione secondo il comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche. C’è bisogno di un cambio di mentalità in chi consuma e in chi amministra, in base agli scenari climatici che suggeriscono un deciso aumento della siccità. È una situazione annunciata già da alcuni dati del ’94».

Quali saranno i cambiamenti a medio termine?
«Tra i cambiamenti di mentalità c’è la necessità di alzare il prezzo dell’acqua e responsabilizzare come «responsabilità pubblica» la perdita di acqua. Finora ci sono sanzioni, ma legate all’inquinamento, non legate alla responsabilità della perdita. Perché fino ad adesso c’è stata l’idea che l’acqua forse una risorsa infinita. Se invece la si considera come un bene raro, allora possiamo introdurre la responsabilità della perdita. Le strade sono due: una tariffa che responsabilizzi e sanzioni che riguardano lo spreco. A volte le multe sono state applicate da aziende locali, ma si trattava di fatti marginali. Le Regioni e le aziende consortili avranno un ruolo fondamentale».

Quali provvedimenti avete pensato invece per i prossimi mesi?
«L’obbiettivo è la riduzione dei consumi. Abbiamo infatti un problema doppio, soprattutto d’estate: riduzione della risorsa idrica e aumento dei consumi per l’utilizzo degli impianti di refrigerazione contro il caldo. Si può tentare di intervenire sulla domanda, cioè ridurre i consumi, ma questo richiede un grande impegno, oltre che disponibilità e flessibilità nell’organizzazione generale».

Sarebbero i Comuni ad attrezzarsi, o il governo, a prendere misure eccezionali, come orari di divieto al consumo di energia elettrica?
«Una decisione del genere sarebbe presa in ogni caso a livello centrale. Ma siamo penalizzati da un sistema di servizi rigido.

La rigidità dei nostri servizi non è coerente con la riduzione dei consumi. In Giappone, per esempio, hanno cercato di tagliare i consumi introducendo delle regole che consentono di andare al lavoro d’estate molto presto o molto tardi, e di vestirsi in modo casual in ufficio».

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