Adda, un viaggio dentro l’anima dei lombardi

Adda, anima lombarda. Tre parole per dire tutto. Non poteva essere più completo, appropriato, denso, profondo, accattivante il titolo del libro fresco di stampa, curato nei testi e nelle stupende immagini dagli autori Vittorio Buratti, Giulio Fumagalli e Fabrizio Mavero, e pubblicato da Cattaneo Editore (264 pagine, italiano/inglese, 45 euro). No, non si tratta di un libro qualsiasi. Nè del «solito» volume celebrativo e turisticheggiante. Adda, anima lombarda è piuttosto un vero e proprio viaggio lungo il fiume lombardo per eccellenza: l’unico che - con i suoi 313 chilometri di sviluppo dalle sorgenti in alta Valtellina fino a Cremona e al foce nel Po - scorre completamente in Lombardia, dividendo la regione in due parti, da Nord a Sud. Un viaggio «fisico», praticabilissimo in automobile, che si snoda lungo il fiume attraverso le tre aree geografiche attraversate: la Valtellina appunto, il lago di Como, o meglio il Lario, e la pianura fino al grande fiume. Un viaggio che si può decidere di «svolgere» e affrontare seguendo pedissequamente il corso d’acqua, concedendosi le innumerevoli digressioni che un territorio ricco come questo concede a chi vi si approccia con fiducia e passione. Ma anche un viaggio immaginifico, percorso e ripercorso attraverso le pagine del libro, dove la fantasia del viaggiatore (che nulla ha a che fare col turista) può lasciarsi andare tra paesaggi mozzafiato, vestigia del passato, tesori artistici, prelibatezze gastronomiche, cultura quotidiana del lavoro. Del resto, è lo stesso presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, che nell’introduzione scrive: «Potremmo quasi dire che l’Adda rappresenta l’intera cultura lombarda».
Proviamo dunque anche noi a discendere questo magnifico corso d’acqua, in grado ancora oggi di rapire l’anima e la mente di chi vi si accosta, anche solo per un fuggevole, improvviso e inatteso sguardo da un ponte dell’autostrada. Si, perchè l’Adda colpisce dritto al cuore, come un’emozione irrazionale che ti fa venir la pelle d’oca.
Il fiume si identifica subito con il dna di Lombardia. Quello del lavoro. Dagli invasi artificiali della Valtellina (ben 56 in tutta la provincia di Sondrio), terra dispensatrice di energia, ai grandi impianti industriali che ne costellano il corso, tra ferro (Dongo e Lecco), motori (Mandello Lario, sulla sponda lecchese del lago, patria della Moto Guzzi), cantieristica (tutto il lago) e seta (Como e Trezzo, dove si erge il villaggio operaio Crespi, oggi patrimonio dell’umanità dell’Unesco). Dalla produzione enologica di rara eccellenza (con il nebbiolo che in Valtellina viene coltivato eroicamente in condizioni fisiche e climatiche ai limiti del possibile), che si snoda lungo le terrazze della Strada del vino tra Teglio e Sondrio, alla cultura del grano saraceno, fino agli allevamenti di bovini e l’arte secolare della lavorazione del «grana». Ma il fiume è anche culla preziosa di tradizioni ataviche. Come la Festa dei Pasquali a Bormio, centro sciistico e termale d’alto rango, o la spettacolare Sagra di San Giovanni sull’isola Comacina (l’unica del Lario), o ancora la Processione del Corpus Domini a Morbegno. E fucina di opere d’arte nel segno dell’architettura (da quella rurale fra i monti ai trionfi del Romanico fino alle decine di ville e castelli che dal profondo Medioevo marcano il passaggio della storia), della pittura (dagli artisti dell’alta valle tra ’400 e ’700 ai grandi del Rinascimento e del Barocco: Rodari, De Donati, Ferrari, Luini...), e dell’artigianato prezioso (l’arte dell’intaglio del legno nelle valli, quella della ceramica a Lodi, per non dire della scuola di liuteria del Cremonese). E, ancora, gli insediamenti umani: dai villaggi disseminati sui ripidi pendii alpini a gioielli urbanisti della pianura, Lodi e Cremona, fino a un gioiello come la città murata di Pizzighettone, nel basso corso.
Se citare il Manzoni risulterebbe perfino banale, l’Adda è stato testimone di un genio assoluto: Leonardo. Il Vinci conobbe infatti le sue sponde, durante il secondo soggiorno milanese, dal 1506 al 1513, quando il Ducato di Milano era già passato di mano ai francesi. E studiò a fondo il problema della navigazione diretta dal Lario al capoluogo (con l’ostacolo delle rapide di Paderno): il foglio 335 del Codice Atlantico riporta lo studio completo del canale, costi compresi. A questo punto - last but not least - meritiamo tutti anche di fare un po’ i turisti.

Del resto, sfidiamo chiunque a non farsi prendere dalla voglia un po’ fanciullesca di fermarsi a Tirano per saltare sul trenino rosso del Bernina, e salire su su, tra i picchi e le nevi del grande massiccio alpino, fino a St. Moritz, dove ci aspetta il museo del grande Segantini.

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