Chi muore a cinquantasei anni, come Anthony Minghella, ottiene il vasto commiato negato al regista longevo, quello che scompare quando già è scomparso il suo pubblico, come Kon Ichikawa, autore di un film pacifista e pluripremiato sulla seconda guerra mondiale, L'arpa birmana. In comune con esso Il paziente inglese di Minghella ha solo lepoca; per il resto i due registi non avrebbero potuto esser più diversi. Britannico, dorigine scozzese-italiana da parte di padre, inglese da parte di madre, Minghella, entrato nella storia del cinema proprio con questo sconnesso (gli svarioni storici che contiene sono impressionanti, a cominciare dalla Libia presentata come colonia tedesca), ma fortunato film, ispirato dal romanzo di Michael Ondaatje (Garzanti).
Salvo Minghella, che lavorò per oltre un anno sulla sceneggiatura, nessuno aveva preso in considerazione quella storia prolissa e complessa per trarne un film. Per passare dalla pagina alle immagini occorse un reduce del cinema d'autore, il produttore Saul Zaentz, e un drappello dattori disposti a lavorare per un compenso percepibile solo in caso di successo: fra loro, Ralph Fiennes, Kristin Scott Thomas, Juliette Binoche e Nino Castelnuovo.
In effetti la trama del Paziente è improbabile: senza un perché, truppe inglesi trascinano con loro dalla Libia del 1940 nella Toscana del 1944 un archeologo ungherese gravemente ustionato in un incidente aereo e sospetto di spionaggio per l'Afrika Korps di Rommel. Finanziare un film del genere sfidava il buon senso. Ma accadde quel che era accaduto molto tempo prima per un'altra storia assurda a sfondo nordafricano durante la guerra: Casablanca di Michael Curtiz. Il pubblico - specie femminile - s'innamorò dell'amore fra una spia ungherese (esistita, ma nella realtà immune al fascino femminile), il barone Andrassy, e la borghese adultera britannica: gli incassi furono grossi, le nomine all'Oscar ben dodici e gli Oscar percepiti nove, incluso quello per la regia per Minghella, quello per il miglior film a Zaentz e quello per la Binoche, come comprimaria. Ciò che non giunse ancora fu il compenso: gli attori lebbero dopo che il tribunale sequestrò gli incassi.
A quel punto però la carriera di Minghella era fatta. Se pochi serano accorti dei suoi film precedenti, Il fantasma innamorato (1991) e Mr Wanderful in pieno sole(1993), tutti seppero del suo rifacimento di Delitto in pieno sole di René Clement, con Alain Delon e Maurice Ronet: era Il talento di Mr. Ripley (1999), presentato nel 2000 al Festival di Berlino e largamente girato in Italia, con Sergio Rubini, Rosario Fiorello, Ivano Marescotti e Stefania Rocca, oltre a Matt Damon, Jude Law, Philip Seymour Hoffman, Gwyneth Paltrow e Cate Blanchett.
Fiorello - che nel film aveva una sola scena, dove cantava Tu vuò fa' l'americano di Carosone - è stato raggiunto dalla notizia della scomparsa di Minghella ieri pomeriggio, durante il suo programma Vivaradiodue, è si detto molto turbato per la scomparsa dell«amico». Lincontro Fiorello-Minghella era avvenuto casualmente, durante un piccolo festival che si svolge a Capri, complice un intimo amico dei fratelli Weinstein, distributori del Paziente negli Stati Uniti, quindi co-artefici degli Oscar.
Il lato gayo del Talento di Mr. Ripley, chiaro nel romanzo di Patricia Highsmith che lispirava, era stato eluso dal film di Clement; mezzo secolo dopo Minghella aveva potuto esprimersi più liberamente, ma solo con l'effetto di far capire come la censura possa giovare a una storia e la libertà nuocergli.
Un altro film da festival di Minghella, che molti meno ricordano, è stato Ritorno a Cold Mountain, girato in Romania e tratto dal romanzo di Charles Frazier.
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