Cronaca locale

Addio a «Palù», matita storica di Diabolik

Del suo lavoro di disegnatore, tra le altre cose, diceva: «Anche i cattivi, poi, vanno realizzati con attenzione, perché in Diabolik certi luoghi comuni del fumetto non trovano spazio: i cattivi devono esser realisticamente cattivi, ma non per questo brutti». Anche nel lavoro di Franco Paludetti, in arte «Palù», i luoghi comuni difficilmente trovavano spazio. «Trovavano», perché Palù se ne andato la notte scorsa. Aveva 83 anni.
Storico disegnatore di fumetti, e di Diabolik in particolare, Paludetti era nato nel 1925 a Milano - proprio come il suo eroe di carta, «partorito» dalle sorelle Giussani, nel loro ufficio affacciato su piazzale Cadorna, nel novembre del ’62 - e mosse i primi passi nel mondo dell’editoria collaborando a testi scolastici. Esordì nel fumetto dopo la guerra, nel ’49, con le copertine di Sciuscià, un albo a striscia realizzato per le Edizioni Torelli da Ferdinando Tacconi, su testi di Renzo Barbieri. Negli anni Cinquanta lavorò con La Vispa Teresa, con il suo seguito, Mimosa, e con Kolosso, dedicandosi negli anni Sessanta anche al cinema di animazione con la Gamma Film. Poi le collaborazioni con gli editori stranieri, francesi (Lug) e inglesi (Fleetway), dove iniziò a firmarsi con lo pseudonimo «Palù».
Nel 1972 il grande balzo: quando Diabolik ha già dieci anni di vita e lui oltre trenta di carriera, Paludetti entra a far parte dello staff della casa editrice Astoria che pubblica le avventure del criminale più famoso del fumetto, e per oltre trent’anni disegna le storie del «Re del terrore» (il debutto coincide con l’albo numero 25 dal titolo Condanna a morte): lavorando spesso insieme a Glauco Coretti, Sergio Zaniboni e Brenno Fiumali, in 35 anni accumula oltre 270 episodi e migliaia di tavole a china (oltre ad alcune bellissime illustrazioni ad acquerello) del personaggio nato dalla mente delle sorelle Angela e Luciana Giussani, editrici solitarie e coraggiose innovatrici che in pieno boom economico riuscirono a far prevalere l’erede di Rocambole e Fantomas su tavole western e fotoromanzi per sole donne. Realizzando l’unico grande fumetto nostrano (insieme al vecchio Tex) che ha passato indenne il giro del secolo ed è diventato un fenomeno sociale sconfinando dal fumetto al cinema, al romanzo, le figurine, le canzoni, la pubblicità, i videogame... Era nato per essere letto in treno dai pendolari e sotto il banco dagli studenti: è diventato una meravigliosa icona pop.

Che deve parecchio, soprattutto, alla matita di «Palù».

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