Adesso Bossi accelera: siamo in una palude si vada subito al voto

RomaLo dico o non lo dico? Anche ieri, nonostante la mezza giornata di relax sul lago Maggiore, la tentazione di mettere il coltello nella piaga e buttare lì un qualche giudizio sul Montecarlogate gli è balenata davanti agli occhi. E anche ieri, come ormai da qualche giorno, Berlusconi ha fatto un bel respiro e preso tempo. Insomma, la voglia di dirne quattro a chi in nome della legalità ha chiesto teste di ministri e sottosegretari è pari a quella che ha un bambino di svuotarsi un barattolo di Nutella all’insaputa dei genitori. Ma i tempi hanno la loro importanza e il Cavaliere è convinto sia inutile affondare il colpo finché Fini ha tutta la scena per sé. E ieri, dettaglio che al premier non è sfuggito, persino la Repubblica ha dedicato un’intera pagina agli affari della famiglia Tulliani mentre il Tg3 si è occupato delle vicende di Fini con due servizi diversi nell’edizione delle 14. Insomma, è il ragionamento di Berlusconi, anche il mantra che arriva dai fedelissimi del presidente della Camera sulle presunte «manganellate» del Giornale inizia a perdere d’efficacia visto che ormai da giorni tutti i quotidiani e Tg del Paese si occupano ampiamente della vicenda.
È anche per questo che il Cavaliere è convinto che comunque vada a finire - dimissioni o non dimissioni - Fini sia ormai «dimezzato». Un ragionamento, questo, fatto nel tardo pomeriggio ad Arcore incontrando alcuni senatori. Con i quali, dopo una telefonata di auguri all’eurodeputata Ronzulli per la nascita di Vittoria, si è soffermato sui possibili scenari che si apriranno a settembre. Il voto resta sempre dietro l’angolo e per questo Berlusconi chiede a tutti di «tenersi pronti» e rilanciare il partito sul territorio. Ma, forse per la prima volta da settimane, si inizia a intravedere un piccolissimo spiraglio. Non certo perché tra i due sia possibile una riconciliazione, quanto perché l’ex leader di An rischia di arrivare alla verifica con le armi spuntate e in balia delle rogatorie internazionali sulle società off shore cui fu venduta la casa di Montecarlo.
Così, incontrando qualche senatore e in alcune telefonate, il premier ribadisce l’intenzione di «presentare alla Camera un piano» che «sarà di cinque punti»: fisco, giustizia, federalismo, Sud e immigrazione. Con una sola parola d’ordine: «Prendere o lasciare». Un Fini ancora più in difficoltà di quanto non sia oggi - il Cavaliere pensa infatti che le dimissioni non arriveranno - potrebbe anche decidere di incassare il colpo in silenzio. Si vedrà. Di certo, tornare indietro da un livello di scontro come quello che si è raggiunto in queste ore sembra piuttosto improbabile. Anche se, almeno implicitamente, il premier non lo esclude visto che incontrando Gramazio si dice convinto che «almeno una decina di finiani alla fine tornerà nel Pdl» perché non possono convivere con l’ala oltranzista alla Granata o alla Bocchino. E perché anche loro sono rimasti «molto turbati» dall’affaire Montecarlo. Insomma, insiste Berlusconi dopo che Gramazio gli mostra le sue foto mentre depone un fascio tricolore sulla statua di Almirante a Sacrofano, bisogna solo dargli tempo. E continuare a battere il ferro finché è caldo, tanto che - nonostante sia tentatissimo da un week end lungo in Sardegna - ancora non è del tutto escluso che a Ferragosto possa essere a Palermo per la tradizionale conferenza stampa del Viminale. Con Maroni, ma anche con Alfano per presentare i risultati del governo nella lotta alla mafia e giocare proprio sul terreno della legalità tanto caro a Fini.
Resta, invece, il pessimismo di Bossi.

Il leader della Lega è infatti convinto sia meglio «andare subito al voto» perché «ormai siamo in una palude». E su Fini? Anche il Senatùr parla di dimissioni: «Se il gruppo politico che ti ha nominato non ti sostiene più, uno di solito se ne va via, queste sono le regole del gioco».

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