Roma - Corre molta differenza tra uno slogan e un’azione concreta. E così, nella stagione in cui tutti o quasi i politici si sintonizzano su parole d’ordine assolutamente obbligate alla luce del momento economico che stiamo vivendo - «tagliare le spese non necessarie», «ridurre i costi della politica», «favorire la trasparenza del trattamento economico riservato agli eletti» - nella prassi dei voti parlamentari le cose vanno in maniera differente.
L’ultimo caso di resistenza delle Camere alla messa in pratica dei buoni propositi si è verificato ieri nel corso della discussione sul bilancio interno di Montecitorio. Un appuntamento parlamentare di quelli che rivestono un inevitabile significato simbolico e diventano cartina di tornasole della reale volontà dei rappresentanti del popolo di imboccare la via dell’austerità. Alla prova dei fatti i deputati sono incappati in almeno un paio di bucce di banana. La prima scivolata è avvenuta sul voto con il quale è stato bocciato il tentativo di Amedeo Laboccetta di imporre la chiusura della Fondazione Camera dei Deputati. Il combattivo parlamentare napoletano ce l’ha messa tutta. Ha sollecitato più volte un intervento del presidente della Camera, Gianfranco Fini, e dell’ufficio di presidenza. Alla fine, a forza di insistere, è riuscito a portare in Aula la richiesta di abolizione di quello che, a suo dire, può essere considerato a tutti gli effetti «un ente inutile». Risultato: proposta respinta con 446 voti contrari, 57 favorevoli e 30 astenuti.
Alla fine il commento di Laboccetta è segnato dall’amarezza e dalla delusione. «Con questo voto Fini ha salvato la poltrona del compagno Fausto Bertinotti di presidente della Fondazione Camera dei Deputati. La Camera poteva impegnare subito l’ufficio di presidenza di Montecitorio per fare in modo che si sciogliesse la Fondazione, voluta dal presidente Casini nel 2002, ente sostanzialmente inutile e costoso che ha già gravato sui nostri bilanci per circa 15 milioni di euro, buono solo per far rimanere nel giro gli ex presidenti della Camera non rieletti deputati». Il deputato del Pdl, comunque, non si dà per vinto. «Nel voto 86 parlamentari hanno votato in difformità rispetto alle indicazioni dei loro gruppi. Fini dovrà tenerne conto. Lo scioglimento della Fondazione è solo rinviato. Questo spreco di denaro pubblico non può continuare visto che le iniziative di promozione e immagine della Fondazione potrebbero essere tranquillamente svolte direttamente dalla Camera stessa. Peraltro non mi risulta che il Senato abbia costituito una Fondazione con compiti simili e questo ne comprova l’inutilità».
La sortita di Laboccetta non è, però, l’unica ad essere rispedita al mittente. Nelle stesse ore la parlamentare radicale Rita Bernardini, da sempre in prima linea nel fare le pulci a spese e comportamenti dei rappresentanti delle istituzioni, tenta di sottoporre all’aula un ordine del giorno con il quale chiede la pubblicazione sul sito della Camera - senza preventiva liberatoria da parte dei parlamentari - di tutte le informazioni riguardanti l’anagrafe patrimoniale e le spese elettorali sostenute dai deputati. Fini, però, dichiara inammissibile la richiesta e chiude la questione sul nascere.
Finora, alla faccia della trasparenza in politica, solo 107 deputati (tra cui i ministri Brunetta e Frattini) su 630 hanno concesso il via libera alla pubblicazione online della propria dichiarazione dei redditi. Il documento è altrimenti consultabile un solo giorno all’anno. «È dal 2008 che come Radicali ci stiamo battendo per la trasparenza» spiega Bernardini. «Pubblicando online i dati patrimoniali dei parlamentari sarebbe possibile farsi un’idea dell’operato di chi ci governa in maniera trasparente e responsabilizzare le loro scelte. Tuttavia, appellandosi alla privacy, deputati e senatori si sono potuti rifiutare di rendere pubblici questi dati. Ma noi non ci fermiamo di certo.
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