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Adesso Al Qaida si spacca tra le strade infuocate di Beirut

Dietro le quinte di quanto sta succedendo in Libano e in Palestina c’è uno scontro interno ad Al Qaida fra gli uomini di Bin Laden e quelli del suo vice egiziano Zawahiri. Ne sono convinti molti analisti statunitensi e israeliani, che ne trovano conferma nell’ultimo numero della pubblicazione clandestina di Al Qaida, L’eco del Jihad, dove è pubblicato un lungo articolo firmato dall’ideologo saudita Akram Hijazi dal titolo «Il confronto decisivo fra i salafiti jihadisti e i Fratelli Musulmani». Non solo Hijazi è vicinissimo a Osama Bin Laden, ma l’intelligence israeliana è a conoscenza di un nuovo video del numero uno di Al Qaida, che circola fra le cellule terroriste e sarà presto reso pubblico.
L’articolo di Hijazi risponde a una serie di comunicati di Zawahiri dove si afferma che, nonostante le divergenze, Al Qaida non prenderà mai le armi contro altre formazioni sunnite che combattono i «crociati» americani e gli «ebrei» israeliani. In concreto, Zawahiri invita i militanti di Al Qaida che cominciano ad avere una presenza consistente a Gaza a non attaccare Hamas, e i terroristi irakeni a risparmiare nei loro attentati i politici e le milizie sunnite vicine ai Fratelli musulmani, che pure collaborano con il governo di Bagdad. Zawahiri non è certamente per una linea morbida nei confronti dei Fratelli musulmani. Anzi, è l’autore di Cavalieri sotto la bandiera del Profeta, che resta un libro di riferimento per ogni «buon» militante di Al Qaida. Il testo denuncia come revisionista la linea scelta dai Fratelli musulmani, la casa madre del fondamentalismo internazionale che negli ultimi anni ha espresso dubbi e perplessità su forme spettacolari di jihad globale come quelle dell’11 settembre 2001, preferendo concentrarsi sugli scenari locali, dove opera con pragmatismo alternando la violenza alla partecipazione alle elezioni e alla vita parlamentare, come avviene in Irak o in Giordania. Zawahiri ha più volte criticato anche la branca palestinese dei Fratelli musulmani, Hamas. Ma non ha mai invitato a colpirla con gli attentati.
Ora Hijazi - cioè, sembrerebbe Osama bin Laden - prende una posizione più dura. Afferma che nei confronti dei Fratelli musulmani e delle loro derivazioni è finito il tempo della critica ideologica ed è iniziato quello delle condanne a morte. Queste, assicura, saranno eseguite nei confronti degli esponenti dei Fratelli che siedono nel parlamento di Bagdad, ma anche dei dirigenti di Hamas «che non sono meglio di quelli apostati di Fatah» e che secondo Hijazi si preparerebbero a proporre a Israele la cessazione o almeno una lunga tregua sul fronte degli attentati suicidi. Né agli occhi di Hijazi e dell’ala dura di Al Qaida trovano grazia i gruppi libanesi che non prendono sul serio l’appello - peraltro diffuso dallo stesso Zawahiri - a scatenare un attacco in armi contro le truppe dell’Unifil, che in effetti sta iniziando in questi giorni.
Non sfugge nell’articolo di Hijazi l’estrema cautela nei confronti degli Hezbollah.

Se molti esponenti della cosiddetta seconda generazione di Al Qaida - che pure Bin Laden manovra contro Zawahiri - considerano tutti gli sciiti non musulmani, la cupola sa bene che senza l’Iran sciita e senza gli Hezbollah sciiti in Libano è difficile fare arrivare le armi ai terroristi, e quindi si astiene dall’attaccarli. Per vincere la partita contro la linea Zawahiri - e contro i Fratelli musulmani - Bin Laden ha però bisogno di attentati spettacolari. Il contingente italiano in Libano è avvertito.

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