Stile

Afrodisiaco e profumato Da Alba a Norcia ecco sua maestà il tartufo

Ottobre e novembre sono i mesi dedicati a questa prelibatezza che ha un giro di affari da un miliardo

Paola Pellai

Ci sono poche cose che funzionano in Italia. Una di queste è il tartufo. Che non è né di destra né di sinistra, ma è di tutti, almeno per un paio di mesi all'anno. Ottobre e novembre sono i mesi delle sagre e fiere dedicate a questo fungo ipogeo (che vive sotto terra), capace di unire il Paese, dalla città di Alba (Cuneo) ai Colli bolognesi, scendendo giù fino a Sant'Angelo in Vado (Pesaro) e Norcia (Perugia). Decine di migliaia di buongustai a gustare piatti caratterizzati dall'aroma nobile e rotondo, mai aggressivo, del tartufo. Un business che la Coldiretti indica in mezzo miliardo di euro, tra fresco e trasformato, capace di coinvolgere 200mila raccoglitori ufficiali, gli stessi che riforniscono negozi e ristoranti. «Si esce all'alba - ci racconta Alessandro, tartufaro bolognese di Sasso Marconi- per precedere gli altri e avere più possibilità di fare buoni incontri.

Ognuno di noi è geloso del proprio operato, difficilmente usciamo in gruppo. Non siamo una cooperativa che divide gli utili, ognuno è il padrone di quello che trova. Nelle annate buone una manciata di chili riusciamo a farla. Ma tante volte usciamo per nulla, senza perdere il sorriso. La vera abilità non è nostra, ma dei nostri cani. Il loro prezzo? Anche 10 mila euro, un esemplare comprato a scatola chiusa. Ovvero da piccolo, non ancora addestrato. Lì è importante l'istinto, possiamo avere un'intuizione ma non la certezza che quel naso sia da tartufi. Ci vuole tanta pazienza e allenamento. Poi diventiamo inseparabili, viviamo in simbiosi. Con una differenza: lui si accontenta del profumo, noi il tartufo ce lo gustiamo proprio».

Il tartufo è amore, nel vero senso della parola, visto che tra le sue proprietà c'è anche quella di essere afrodisiaco. Ma il tartufo, di cui esistono oltre 100 varietà classificate, è anche una malattia. Così la definisce Luigi Dattilo, presidente dell'azienda Appennino Food che, nel 1985, a 17 anni si comprò Geo, il suo primo cane da tartufi: «Era un pointer, lo pagai 6 milioni e mezzo. Come faccio a dimenticarlo...». Lui, insieme al fratello Angelo, in soli 30 anni, hanno saputo trasformare un piccolo laboratorio artigianale nell'unica società per azioni nel mondo legata al tartufo. In una sala dell'azienda troneggia con orgoglio la copia del tartufo bianco pregiato da un chilo e 483 grammi trovato il 4 novembre 2014 sui colli di Savigno ed entrato nel Guinness dei primati.

«Con l'originale abbiamo realizzato racconta Dattilo una cena di beneficenza per 300 persone. Un menù di tre portate interamente a base di tartufo». Perché col tartufo si possono fare davvero meraviglie e quello dei Colli bolognesi sta acquisendo una popolarità che non ha più confini. In questi giorni è in tour per la Cina, mentre gli Stati Uniti lo hanno già adottato e «dal Piemonte dicono strizzando l'occhio i tartufari della zona si mettono più volte in coda per venire ad acquistarcelo. Anche da Alba». Già perché il tartufo bianco dei Colli bolognesi ha trovato il «sistema» per farsi largo tra la concorrenza. Il «sistema Bologna»: la Città metropolitana di Bologna ha infatti iniziato, in collaborazione con Bologna Welcome, un intenso percorso di qualificazione del turismo nell'area metropolitana grazie a strumenti normativi messi a disposizione dalla Regione Emilia-Romagna, proprio per la valorizzazione delle specificità del territorio. Il concetto di Bologna città metropolitana è proprio quello di fare quadrato intorno alle realtà che funzionano e portano turismo. La Tartufesta è una di queste con i visitatori che, in 5 anni, sono passati da 20 mila ad oltre 40 mila. «Lavorare su un concetto di qualità e sinergia ha spiegato Matteo Lepore, assessore all'Economia e promozione della città del Comune di Bologna - ci ha permesso d'incrementare ogni anno del 5% la presenza di turisti, oltre il doppio della media nazionale, con un numero in costante ascesa di stranieri. Chi arriva da noi deve sentirsi visitatore e cittadino nello stesso tempo. E il tartufo è un ottimo testimonial». Del resto che il tartufo avesse una grande valenza economica lo avevano capito già i Sumeri..

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