Agata

La patrona di Catania nacque nel 238 nel sobborgo di Galermo in una ricca famiglia patrizia e cristiana. Agata divenne vergine consacrata. Il preside Quinziano, attratto dalla bellezza di lei e anche dai suoi soldi, approfittò della persecuzione scatenata da Decio per cercare di prendersi la fanciulla. Ma i parenti di lei la fecero scappare a Malta. Tornata che fu, Quinziano la fece arrestare e chiudere nel lupanare di certa Afrodisia, incaricata di ridurre Agata a più miti consigli. Ma non ci fu niente da fare. Agata, allora, venne trascinata in tribunale e qui presa a schiaffi da due sgherri, Silvio e Falconio. Poiché non intendeva piegarsi, fu prima flagellata e poi torturata. Con ferri roventi le si accanirono su seni e glutei. Gettata in carcere, la notte le apparve s. Pietro che la sanò. L’indomani, Quinziano, sbalordito nel vederla perfettamente in forma, questa volta volle che Agata venisse suppliziata in sua presenza. Fu approntato un letto di braci ardenti cosparse di pezzi di vetro e di punte di ferro acuminate. Sopra vi fecero rotolare la fanciulla. Ma proprio in quel momento un terribile terremoto spaventò tutti, compreso Quinziano che ordinò di riportare Agata in carcere. In cella quest’ultima, ormai allo stremo, rese l’anima a Dio. Correva l’anno 251 e Agata aveva tredici anni. I cristiani ne avvolsero il corpo in un velo rosso e la seppellirono.

In seguito, quel velo, portato in processione davanti alla lava, fermò un’eruzione dell’Etna. Nel 1040 la reliquia fu portata come preda a Costantinopoli dal generale bizantino Giorgio Maniace. Tornò a Catania nel 1126.

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