Ai ribelli le promesse non bastano E Assad ora manda i carri armati

Assad perde il controllo. Il bastone e la carota non bastano più. Assad che a gennaio diceva ai microfoni: «Non sono come Mubarak. La Siria non è l’Egitto». Sembra passato un secolo, perché guardi fuori e nelle piazze c’è la gente in rivolta contro di lui. Le promesse sulle riforme, sulla fine della legge marziale, non bastano. Il popolo non si fida e non si ferma. Neppure davanti ai carri armati. A Daraa, a sud del Paese, epicentro nei giorni scorsi della dura repressione delle manifestazioni anti-regime da parte dei residenti, centinaia di persone sono tornati a manifestare, i carri armati hanno circondato la città e i militari hanno sparato sulla folla. Secondo le organizzazioni per i diritti umani, circa 130 persone sono state uccise. La notizia è stata poi smentita dal governo.
La Siria piomba nel caos. I residenti sono tornati a invocare a gran voce «la fine dello Stato d’emergenza» e a urlare altri slogan ormai ripresi anche dai social network e diffusi sui video amatoriali: «Oh presidente, il sangue del martire non è a buon mercato».
Oltre alla «presenza massiccia di forze di sicurezza» all’interno di Daraa, i testimoni riferiscono dell’assedio da parte dei carri armati dell’esercito, che rimarrebbero però ai confini del centro abitato. I tank dell’esercito regolare di Damasco stazionano invece ormai da tre giorni nel cuore di Latakia, porto a nord-ovest di Damasco e capoluogo della regione alawita (branca dello sciismo) da cui proviene la famiglia Al Assad e i clan a loro alleati. Qui a Latakia hanno perso la vita altri 15 manifestanti e 150 sono rimasti feriti. Nella città abitata da sunniti, alawiti e anche da cristiani, secondo testimoni oculari la vita sarebbe tornata alla normalità soltanto in alcune zone centrali, mentre gli altri quartieri rimangono deserti, con i segni ancora evidenti della guerriglia urbana scatenata tra venerdì e sabato da non meglio precisate «bande armate di stranieri» e «cecchini» appostati sui tetti. A niente sono servite le promesse, le rassicurazioni. «Marce di sostegno al presidente Assad e al Paese saranno organizzate in tutti i governatorati» siriani, ha detto la direttrice della televisione siriana Rim Hadad. Intanto si attende il discorso televisivo alla nazione che il presidente Assad dovrebbe tenere entro mercoledì - ma che secondo alcune fonti terrà questa sera - e nel quale dovrebbe annunciare l’abrogazione della legge. Ma in molti sanno che neppure questo placherà la rivolta. Per inviare un segnale di distensione, il regime ieri ha organizzato un incontro tra ulema sunniti e alawiti di Latakia, mentre a Damasco gli imam delle moschee della capitale sono stati chiamati a partecipare a una riunione ufficiale, al termine della quale hanno sottoscritto un comunicato in cui si ribadisce la fedeltà al regime.

Intanto il portavoce di Assad ha assicurato che «entro 48 ore» il presidente si rivolgerà alla nazione per confermare oltre all’abrogazione della legge d’emergenza l’apertura al multipartitisimo e una nuova legge per la stampa libera. Ma Damasco ha già risposto: una mobilitazione di massa è già pronta.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica