L’uno per cento dell’intero Pil, il prodotto interno lordo dell’Unione europea, se ne va in fumo. Una montagna di denaro bruciata ogni giorno nei tubi di scappamento delle auto in coda per colpa di un traffico che non scorre. Con quello urbano che genera il 40 per cento delle emissioni di Co2 e il 70 per cento degli altri inquinanti. Problema antico, ma nuove e soprattutto sempre più allarmanti le cifre elencate dall’ex sindaco Gabriele Albertini, oggi vicepresidente della commissione Trasporti a Strasburgo, nella sua relazione approvata martedì dal Parlamento europeo.
Onorevole Albertini, davvero le cifre sono così preoccupanti?
«Sì, soprattutto nelle città».
Ma non si potrà continuare all’infinito ad asfaltare costruendo strade e autostrade.
«Un’infrastruttura deserta è uno spreco di denaro pubblico, ma una intasata è inefficace alla sua funzione».
Quindi?
«L’ha detto anche il vicepresidente della Commissione europea Jacques Barrot che bisogna realizzare più rotaie e interrare il traffico. Noi a Milano l’avevamo capito. E cominciato a fare».
Basta?
«No, ci vuole una tariffa per i mezzi inquinanti».
Vuol dire che l’Ecopass risolve il problema dello smog?
«Nella mia relazione non ho inserito l’Ecopass tra le misure virtuose per la lotta all’inquinamento».
Eppure fu lei il primo a volere un pedaggio per entrare a Milano.
«Meglio il road pricing come hanno fatto a Londra. Una valorizzazione delle strade: si paga per circolare».
Però pagano tutti.
«Certo. E si paga di più nelle ore di punta quando sono congestionate e sale la domanda, meno quando non c’è traffico. Così si risarcisce la comunità del danno che le si arreca circolando e dunque inquinando».
A Milano chi inquina di meno paga di meno. Non è un principio giusto?
«No, è ingiusto che chi porta i figli a scuola con un Suv gigantesco non debba pagare, mentre magari paghi un’auto piccola solo perché più vecchia».
Ma se il Suv non inquina, o meglio inquina di meno, perché dovrebbe pagare?
«Paga per lo spazio che occupa, per l’ingorgo che crea. Per il denaro che si spreca ogni giorno per colpa della congestione urbana».
Riassumendo, qual è la ricetta Albertini per Milano?
«Passiamo alla congestion charge, la tassa per l’ingombro delle strade. Come a Londra».
Non le sembra più giusto legare l’idea che si paga solo se si inquina?
«A Milano, usando la parola magica “inquinamento”, si è tentato un intervento che non poteva essere efficace. E, infatti, i dati scientifici dicono che l’Ecopass è stato inefficace perché lo smog in centro non diminuisce».
Perché secondo lei l’Ecopass ha fallito?
«Per la sua stessa natura: è troppo limitato. Basta guardare i dati sull’inquinamento nel sito del Comune. Il mese di febbraio 2007 pre Ecopass e quello 2008 post Ecopass sono praticamente equivalenti».
Quale sarebbe secondo lei un’area adeguata? I confini della città, della provincia?
«Ma nessuna area, nemmeno l’intera pianura Padana. L’aria è un fluido, si muove. Chiunque, dotato di buon senso, capisce che è impossibile fermarla. Soprattutto con dei confini stabiliti per legge. Non c’è l’area, c’è l’aria. È quella che respiriamo».
Quindi?
«Quindi lo ripeto, la tariffa deve seguire il mezzo dovunque esso sia. Coma a Londra, tutti pagano. E, infatti, anche Regione Lombardia ragiona così: ha bloccato i mezzi che inquinano. Tutti gli Euro 0 devono stare fermi, non circolare qui sì e lì no».
A Londra hanno ottenuto buoni risultati?
«Facendo pagare tutti i mezzi in circolazione hanno ridotto il traffico del 30 per cento».
Ma quello è un salasso. Impensabile a Milano.
«Bisogna inasprire le misure che disincentivano l’uso dei veicoli inquinanti. Ma solo mano a mano che si sviluppa il trasporto pubblico».
Il vicepresidente della commissione europea Barrot ha detto «una Bibbia il rapporto Albertini sul traffico sostenibile». Anche lui boccia l’Ecopass?
«Dico solo che il vicepresidente Barrot ha approvato la mia relazione insieme a tutto il parlamento europeo».
Dovesse riassumere in poche parole il suo intervento a Strasburgo?
«La relazione non punta a ridurre la viabilità, vuole cambiarla».
Come?
«Non si possono buttare giù le case e i quartieri: bisogna mettere sotto terra le auto».
Vuol dire tunnel e parcheggi interrati?
«Certo. Come durante il nostro “turno di guardia” abbiamo cercato di fare».
E poi?
«Dobbiamo usare l’intelligenza e la conoscenza dei flussi».
Lei è stato sindaco di Milano per due mandati. L’ha fatto?
«Abbiamo costruito una centrale operativa per gestire il traffico che è costata 192 milioni di euro, di cui 23 assegnatici dall’Ue che aveva apprezzato il nostro progetto. Con quei soldi si sono fatte telecamere, semafori intelligenti, pannelli per indirizzare le auto nei parcheggi liberi».
Le telecamere sono servite anche per l’Ecopass. Non ne salva proprio niente?
«Sì. L’informazione, la formazione e lo sforzo di far cambiare le abitudini dei milanesi. E poi le telecamere hanno consentito di applicare l’ordinanza della Regione: così gli Euro 0 inquinanti sono finalmente controllati e non circolano più».
Qualche proposta oltre alle tasse nella sua euro-relazione?
«Incentivi fiscali per chi utilizza trasporti a basso impatto energetico, soluzioni innovative per ottimizzare l’integrazione del flusso urbano di merci e sistemi di pedaggio nei grandi centri metropolitani, la definizione di nuovi target obbligatori alle emissioni di Co2 delle auto (120g/km) e dei camion (175g/km) entro il 2012, la riduzione del peso dei veicoli, nuovi requisiti di efficacia/efficienza per gli impianti di condizionamento delle auto, nuovi standard per testare l’impatto ambientale delle gomme, la rivisitazione dei parametri per l’efficienza dei carburanti, lo sviluppo della seconda generazione di biocarburanti».
Altro?
«Si trascura ancora troppo il problema delle caldaie. Sono responsabili di gran parte dell’inquinamento. Ma è possibile che in nessuna casa ci siano venti gradi? Per non parlare degli stabili pubblici. Io, nonostante i miei sforzi, neppure nel mio studio di sindaco a Palazzo Marino sono mai riuscito ad avere una temperatura più bassa nemmeno facendo spegnere i fancoil».
Altri problemi?
«Beh, anche per produrre energia si inquina, pensiamo alle centrali termoeletriche. Il treno magari è pulito, ma l’elettricità, almeno alla fonte, non lo è. Si inquina per produrla. E, infatti, quasi il 70 per cento del veleno nell’aria alla fine non dipende dalle auto».
Immagino che lei stia pensando al nucleare.
«Come ormai tutto il mondo scientifico. Non si raggiungeranno mai i parametri dell’Unione europea che per il 2020 chiedono l’abbattimento delle emissioni di gas a effetto serra senza il nucleare come energia rinnovabile».
Rinnovabile?
«Certo.
In Italia ci sarebbero molte resistenze.
«Siamo rimasti l’unico Paese che non lo utilizza. Salvo poi importare dalla Francia l’equivalente della produzione energetica di dieci centrali nucleari. Assurdo».
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