Stefano Filippi
nostro inviato a Alessandria
La Val Susa fa scuola, la protesta si estende. Beppe Grillo, che scalda l'ugola per la kermesse di domani pomeriggio a Torino, proclama «Io sono un valsusino» perché «è il grido della gente che si sta ribellando». È già pronta, la nuova ribellione. Cova sempre in Piemonte, a un centinaio di chilometri da Venaus e Bussoleno. Scoppierà in provincia di Alessandria, presso Novi Ligure, dove sbucherà un nuovo faraonico tunnel per l'alta velocità ferroviaria, un traforo di 27 chilometri che collegherà direttamente Genova con la pianura padana. Se la Tav in Val Susa fa parte dell'ormai famoso Corridoio europeo 5 Lisbona-Kiev, quello della Valle Scrivia è parte integrante di un'altra direttrice, la 24 tra Genova e Rotterdam. Raccordo fondamentale, indispensabile per dare sbocchi ai traffici crescenti del porto genovese.
Così, tra l'Appennino e le nebbie di Alessandria si sta preparando una riedizione delle proteste della Val Susa. Il copione è molto simile: lunghe discussioni preliminari, sinistra riformista e centrodestra a favore del collegamento, Rifondazione Verdi e Comunisti italiani contrari, gruppi locali no-Tav che si formano in modo più o meno spontaneo, manifestazioni che nei prossimi mesi andranno in crescendo. Il comitato no-Tav di Alessandria si è ufficialmente costituito martedì e ieri ha dato un assaggio delle sue potenzialità obbligando a sospendere per due volte la seduta del consiglio provinciale (maggioranza di sinistra) che ha approvato il progetto definitivo della grande opera.
Il tracciato del «terzo valico dei Giovi», così è stato battezzato il traforo perché si aggiunge ai due esistenti sull'Appennino tra Piemonte e Liguria, è lungo complessivamente 54 chilometri, di cui 39 in gallerie (nove) e il resto su viadotti e trincee. Assorbirà il traffico merci della costa ligure per indirizzarlo verso Torino e Novara, dove incrocerà la linea veloce tra il capoluogo piemontese e Milano per proseguire in direzione del Sempione, Svizzera, Germania, Olanda. Il costo previsto si avvicina ai cinque miliardi di euro. Gran parte dei finanziamenti mancano ancora: il progetto non è avanzato come al Moncenisio. Ma le preoccupazioni della popolazione sono le stesse.
A differenza che in Val Susa, in Valle Scrivia i sindaci non hanno dato grande appoggio ai nemici dei binari veloci. Soltanto due comuni hanno dato parere contrario al progetto: Arquata e Voltaggio. Il no più clamoroso, giunto giovedì scorso, è stato il primo perché il sindaco diessino Maria Grazia Morando è pure vicepresidente della provincia di Alessandria. Invece le altre amministrazioni interessate, di centrodestra e centrosinistra, hanno detto sì anche perché sono stati previsti generosissimi contributi per infrastrutture come acquedotti e palestre. Nel Monferrato, dunque, non ci saranno fasce tricolori a sfilare quando si cominceranno a organizzare marce, sit-in e cortei contro l'alta velocità.
Ma il popolo no-Tav non ce l'ha soltanto con la sinistra riformista, quella più dialogante allineata con le posizioni del governatore regionale diessino Mercedes Bresso. Tra gli obiettivi delle proteste ci sono anche i partiti più massimalisti, Rifondazione, Verdi e Comunisti italiani. Ieri la trentina di contestatori che ha disturbato i lavori del consiglio provinciale ha chiesto apertamente le dimissioni dei rappresentanti di quei partiti. A parole sono tutti contro l'alta velocità, ma nei fatti ne hanno consentito l'approvazione. È successo questo. I no-Tav appollaiati sul loggione si sono messi a fischiare, scandire slogan, esporre striscioni, rumoreggiare con le suonerie dei telefonini. Quando è scoppiata la gazzarra, il centrodestra ha abbandonato l'aula protestando con il presidente del consiglio, incapace di mantenere l'ordine. Sono rimasti 18 consiglieri della maggioranza di sinistra. Se si fossero alzati anche i due rappresentanti del Pdci e l'unico di Rifondazione, sarebbe mancato il numero legale. Invece sono rimasti seduti al loro posto e hanno partecipato alla votazione.
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