Alitalia, a due anni dal piano di salvataggio il futuro è ancora incerto

La nuova compagnia va peggio della vecchia nonostante il percorso agevolato accordato ai soci privati. Conti ancora lontani dal pareggio malgrado il ridimensionamento e la compressione dei costi. Le prospettive di confluenza in Air France-Klm

A due anni dal coagularsi di una cordata di imprenditori italiani intorno al Piano Fenice con lo scopo di resuscitare Alitalia, sul presente e sul futuro della compagnia aleggiano vari interrogativi. Operativa dal gennaio 2009, la «nuova» Alitalia-Cai nacque con una serie di agevolazioni che il governo accordò a un'operazione considerata del tutto speciale: ai nuovi azionisti veniva riconosciuto il diritto di acquistare solo quei pezzi del vecchio carrozzone utili a ricreare una compagnia capace di reggersi sulle sue gambe; ai lavoratori non riassunti veniva concessa una cassa integrazione all'80% per 7 anni; alla nuova compagnia - comprendente anche il secondo vettore italiano, Air One - veniva accordata un'immunità Antitrust che le permetteva, per 3 anni, di mantenere la posizione dominante sulla tratta Linate-Fiumicino. Molti si esercitarono sull'enorme costo di tutto ciò per la collettività e per la libera concorrenza, e alcuni si spinsero a fare dei confronti con la aproposta d'acquisto di Air France andata in fumo pochi mesi prima. La stessa AF, qualche tempo dopo, entrò in società con i «patrioti», diventando, con il 25%, il primo azionista, e confermando quello che agli esperti era sempre apparso ineluttabile: infatti Air France e Alitalia da anni ormai erano legate da accordi commerciali difficili, costosi e dannosi da troncare. Le voci di interessamento da parte di Lufthansa e persino di British, furono solo diversivi, o meglio, un modo per mettere alle strette i francesi.
Il bilancio 2009 di Alitalia si è chiuso con una perdita netta di 326 milioni su un giro d'affari di 12,9 miliardi. Il primo semestre 2010 ha registrato un risultato operativo in rosso di 129 milioni. Il primo quesito è banale: perchè una società avviata «in bonis» deve perdere una cifra ancora così importante? Nel 2007, ultimo bilancio confrontabile della vecchia gestione, Alitalia aveva perso 495 milioni, su un fatturato di 4,35 miliardi. Perchè oggi Alitalia (con Air One, che nel 2007 fatturava 750 milioni) fattura il 42% in meno delle due compagnie di allora ma perde solo il 35% in meno? L'ad Rocco Sabelli si mostra soddisfatto per il rosso del primo semestre 2010, dimezzato sul giugno 2009 (-273 milioni). Ma nel primo semestre 2007 l'Alitalia disastrata perse «solo» 127 milioni. E allora?
Ha ragione Ugo Arrigo, docente di Scienza delle finanze all'Università di Milano Bicocca, quando osserva: la questione non è tanto se l'Alitalia del 2010 vada meglio dell'Alitalia del 2009. La questione è se l'Alitalia di oggi, dopo una cura discussa e costosa, vada meglio della vecchia. Altri numeri: i ricavi del primo semestre 2007 furono 2,3 miliardi, quelli della prima metà del 2010 sono 1,5, un terzo in meno (e comprendendo Air One). L'indice di riempimento degli aerei nei primi sei mesi 2010 è del 68%, meglio del 59% dello stesso periodo 2009, ma inferiore al 73% del 2007 (Air One, da parte sua, aveva il riempimento più basso d'Europa).
La compagnia è stata ridimensionata ma non ha trovato l'equilibrio dei conti, rinviato al 2011, con un anno di ritardo sul piano Fenice. Molto è stato fatto, soprattutto sul piano dei costi, compressi ormai quanto una low cost. Ma se, nonostante ciò, i conti non sono a posto, si possono azzardare delle ipotesi: può essere difettoso il network, focalizzato sul breve e medio raggio; può essere inefficace il sistema di vendita, soprattutto all'estero; forse è sbagliata l'elaborazione dei prezzi, o forse il prodotto Alitalia, che soffre di una radicata carenza di standard, non è molto gradito alla clientela.
Infine, la domanda di fondo: che fine farà Alitalia? Il presidente Roberto Colaninno ripete che non sarà venduta ad Air France. Infatti questo non è possibile nell'immediato, poichè i patti prevedono che i soci non possano cedere le loro quote prima del 12 gennaio 2013. Colaninno ha comunque ragione: Alitalia non sarà venduta ad AF-Klm anche perchè oggi Air France, che già è il socio determinante e partecipa alla decisioni strategiche, non ha interesse ad acquistarla. Le sinergie ci sono, i soldi per comprarla no: che senso avrebbe? Più probabile un altro scenario: il consolidamento del trasporto aereo e lo stentato equilibrio di Az porterà alla convenienza di aggregare Alitalia nella holding AF-Klm, ripetendo l'operazione franco-olandese del 2003/4. Alitalia sarà conferita nella holding, che ne acquisirà il 100% carta contro carta. I soci italiani si ritroveranno non con denaro ma con azioni (quotate) della holding, nella quale, tutti insieme, potrebbero avere un peso intorno al 10%, secondi solo allo Stato francese che è il primo socio con il 15,7%.

Avranno due possibilità: entrarci separati e non contare nulla, oppure unirsi in una newco e tentare di contare qualcosa, se di loro interesse. L'infausta vicenda della Borsa italiana conferita nel London stock exchange potrebbe (dovrebbe) insegnare qualcosa.

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