All’asilo con il bimbo in braccio L’ex marito l’accoltella a morte

MilanoDopo anni di liti, botte e bevute aveva finalmente deciso di lasciare quel marito violento e incapace di tenersi un lavoro proprio per la sua dipendenza da alcol e, pare, anche stupefacenti. Aveva preso il figlioletto di due anni e si era trasferita all’altro capo della città, dove sperava di rifarsi una vita. Speranza infranta contro la lama di un coltello che l’uomo le ha piantato nel cuore davanti all’asilo dove aveva portato il piccolo, tra genitori e bambini terrorizzati. Una breve fuga, sconclusionata come tutta la sua esistenza, poi l’assassino è stato preso dai carabinieri: in mano ancora due lattine di birra.
Massimo Merafina, 45 anni, alto, allampanato, radi capelli biondi, cresce a Quarto Oggiaro, quartiere difficile», estrema periferia Nord, noto come il «Bronx di Milano». Brucia la sua vita tra alcol e droga, piccoli reati contro il patrimonio e tanti oltraggi e resistenze a pubblico ufficiale. Una decina di anni fa conosce una collega, Monica Morra, 33 anni, entrambi infatti lavorano alle poste, la sposa e la porta a vivere in via Pascarella 35. La convivenza non è facile, i vicini li sentono spesso litigare. Massimo beve sodo, perde il lavoro e anche Monica, in questo contesto, inizia a rifugiarsi nell’alcol. Poi due anni fa nasce il loro bambino e la donna capisce che è tempo di cambiare. Lui no. Così per dare un futuro a sé e al suo bambino, a febbraio si trasferisce dall’altro capo della città, in via Carlo Forlanini, periferia Est. Il marito tenta di convincerla a tornare. Lei resiste, anche se cerca di smussare gli angoli: lo lascia venire in casa a vedere il figlio. Ma anche qui liti e strilli sono all’ordine del giorno: temendo lei abbia un altro, giovedì 18 spacca il campanello di casa, la donna chiama i carabinieri e lui fugge.
Ieri mattina alle 8.30 l’epilogo. Massimo intercetta all’asilo di via Cova 1 la moglie con al seno il bambino: lui ha un completo gessato, camicia bianca e un braccio fasciato. La discussione degenera subito, lui la colpisce al volto. Una bidella afferra il bambino per metterlo in salvo e a quel punto l’uomo estrae dalle bende un coltello da cucina e colpisce al petto la donna che scivola a terra, lui le si getta sopra e la colpisce ancora. Poi, fatti pochi passi, getta la fasciatura usata per celare il coltello e l’arma, quindi la fuga. Scatta l’allarme. Arriva un’ambulanza, che porta la donna al San Raffaele dove però morirà alle 11, e i servizi sociali per prendersi cura del piccolo. Arrivano anche i carabinieri diretti dal colonnello Lorenzo Falferi. Un’ora di ricerche poi due motociclisti lo individuano in viale Corsica, qualche chilometro di distanza dal luogo del delitto. È seduto su una panchina vicino alla fermata del tram. Si fermano, lui li vede, cerca di scappare sul 27, i carabinieri dietro. L’autista nota la scena e gli chiude le porte in faccia. Merafina viene portato in caserma. È catatonico, assente.

I militari cercano di calmarlo in attesa dell’arrivo del magistrato ma anche davanti al pm il suo atteggiamento non cambia. L’interrogatorio è rinviato a momenti migliori e lui finisce a San Vittore sorvegliato speciale. Si teme che una volta resosi conto di quel che ha fatto possa togliersi la vita.

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