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Allarme detriti, lo Shuttle fa il «tagliando»

Le prime immagini non hanno mostrato problemi. I pezzi sarebbero leggeri: nel 2003 il Columbia fu colpito da un rottame grande come una valigetta

Andrea Nativi

Lo shuttle è stato danneggiato? E se sì, i danni costituiscono un pericolo per il proseguimento della missione e il rientro sulla terra del Discovery? Queste sono le domande alle quali i sette membri dell’equipaggio e un esercito di scienziati e tecnici della Nasa stanno cercando di rispondere.
La batterie di telecamere e sistemi di ripresa puntati sullo shuttle durante la sua ascesa hanno rivelato che un frammento lungo poco meno di 4 centimetri si è staccato dalla superficie ventrale dell’orbiter, in prossimità dei portelli anteriori del carrello. Ma non è detto si tratti di un pezzo di una delle piastrelle termiche che proteggono la navetta, potrebbe essere anche una parte del rivestimento della piastrella. Le telecamere hanno anche evidenziato che almeno un altro frammento si è staccato dal serbatoio principale di combustibile liquido, ma non ha colpito lo shuttle. Uno dei sistemi radar avrebbe individuato un ulteriore frammento, staccatosi dopo due minuti dal decollo, anche questo caduto senza impattare sulla navetta. Colmo della sfortuna, lo shuttle ha anche colpito un grosso uccello che volava sopra la rampa di lancio, ma dato che lo scontro è avvenuto dopo appena 2,5 secondi dal decollo, la velocità era minima.
Anche se al centro spaziale di Huston c’è una comprensibile apprensione, gli esperti sottolineano che quello del Discovery è stato uno dei lanci con meno impatti nella storia del programma. In effetti nelle 113 missioni precedenti frammenti di vario tipo hanno colpito gli shuttle almeno 15mila volte, quasi sempre durante il decollo. E chi ha assistito ad un atterraggio ricorda lo spettacolo delle piastrelle termiche mancanti: un tempo erano nere e il loro distacco (anche un centinaio a volo) lasciava una serie di punti bianchi lungo la parte inferiore della fusoliera. Per non parlare dei guasti e dei problemi tecnici che hanno regolarmente afflitto le navette. Il micidiale pezzo di rivestimento schiumoso che colpì lo shuttle Columbia, provocando i danni sul bordo d’attacco alare che ne sancirono la distruzione durante il rientro, era grande come una valigetta e pesava oltre 750 grammi. Oggi si parla di oggetti molto più piccoli e più leggeri. Niente viene però lasciato al caso: alle immagini registrate a terra ed a quelle riprese dalle telecamere portatili usate dagli astronauti si sono aggiunti i dati ottenuti dalle speciali telecamere ottiche e laser montate sul braccio robotico mobile montato sulla navetta. Sensori da 15 milioni di dollari che hanno scandagliato con attenzione il muso, le ali e la cabina d’equipaggio della navetta, centimetro per centimetro, per sette lunghe ore. I sensori possono individuare una fessura dello spessore di meno di un millimetro. I tecnici Nasa sperano di non trovare alcun danno. Ma anche se ci registrasse qualche problema, la sicurezza della navetta e il suo rientro non sarebbero necessariamente compromessi: una fessura sul bordo d’attacco alare sarebbe molto pericolosa, ma in altre parti dello scafo costituirebbe solo lavoro extra per i team di manutenzione. Esistono anche piani di emergenza per effettuare riparazioni nello spazio o, al limite, per trasbordare l’equipaggio sulla Stazione spaziale internazionale, abbandonare il Discovery (uno scherzo da 2 miliardi di dollari) e attendere l’invio di una missione di soccorso con un altro shuttle. Ma per ora queste sono eventualità molto remote. Bisogna anzi evitare di reagire eccessivamente ad anomalie o danni minori, perché la soluzione potrebbe essere più pericolosa del danno: per questo l’equipaggio ha già detto di non voler effettuare riparazioni all’esterno della navetta.

E intanto ci si prepara per il rendez-vouz che avverrà oggi con la Iss, incontro che consentirà anche ulteriori controlli alla navetta.

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