Quasi 250 casi all'anno, che diventano almeno 500 se si considerano le aree limitrofe. Milano si trova nelle stesse condizioni di altre metropoli europee come Belrino, Parigi e Londra dove la concentrazione di malati di Tbc è decisamente superiore rispetto ai dati nazionali. Un tasso di malattia che supera le venti unità ogni centomila abitanti rispetto al dato nazionale che si attesta sul 7,4 ogni 100mila, in pratica tre volte la media. I dati sono riferiti dall'assessore alla Salute del Comune di Milano, che in vista della Giornata mondiale della lotta alla Tbc che si celebra giovedì prossimo avverte: «Non bisogna abbassare la guardia». Anche a Milano, fa presente, l'immigrazione ha contribuito a un aumento delle fasce di povertà e di conseguenza a una maggior incidenza della Tbc. Sono circa 260mila gli stranieri presenti in città, 30-40mila quelli irregolari. «Si tratta di soggetti che vivono nella marginalità, in situazioni spesso precarie con ripercussioni sullo stato di salute - sottolinea Landi -. E se fino al 1999 erano in prevalenza italiani, da sette anni il rapporto si è invertito a favore degli immigrati che rappresentano oggi il 75% dei casi».
La tubercolosi, che sembrava debellata e destinata a ripresentarsi solo in contesti di marginalità sociale, «nelle scorse settimane - ricorda l'assessore - è invece ricomparsa in una microepidemia tra la popolazione sana, evento caratteristico dei paesi a bassa endemia, manifestatasi alla scuola elementare Leonardo da Vinci dove tutti i 944 bambini sono stati sottoposti al test di Mantoux e a 171 (pari al 18,1%) è stata riscontrata la positività, mentre quindici hanno sviluppato la malattia». Gli ultimi tre casi, di natura non contagiosa, «sono stati scoperti nel corso degli ultimi controlli radiologici effettuati su alcuni bambini che erano risultati positivi al test. Dall'evidenza clinica ed epidemiologica, si consolida l'ipotesi di un contagio tra bambini».
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