Alleanza rischia di costare troppo a Generali

Nicola Porro

da Milano

Se il fogliettone dell’Opa di Generali su Alleanza fosse scritto da Wodehouse partirebbe così: «Si delineano dei torbidi sul castello di... Trieste». Non Blandings. Il punto è capire chi gioca il ruolo dell’abile Jeeves, il maggiordomo tuttofare. Ma andiamo per ordine. Sono ormai mesi che il mercato specula sulla possibilità che Generali (ieri ancora in buona forma ad un passo dai 30 euro) comprino sul mercato il 50% circa, di Alleanza che ancora non hanno. A Trieste sono mesi che ci stanno facendo un pensierino. E negli ultimi giorni si è aperta la caccia al d-day. Tanto che rumors di mercato danno l’operazione come possibile addirittura entro fine anno. Intanto il management Generali sta preparando il nuovo piano industriale. Lo presenterà ad inizio marzo. E prima di allora dovrà decidere che cosa fare di Alleanza. Un’Opa su una controllata si inserisce ovviamente in un contesto un po’ più ampio. Eccolo. Sin dal 2003 Trieste ha dichiarato di avere un problema che ai profani può far sorridere: troppa cassa, per semplificare. Un eccesso di capitale di 1,6 miliardi di euro. In un periodo in cui sarebbe al contrario molto più conveniente indebitarsi, visti i bassi tassi di interesse.
Le strade che il prossimo piano industriale potrà scegliere sono dunque fondamentalmente tre. Un’acquisizione, ma il Leone è sempre stato attento a non strapagare e dunque è stato ai margini dello shopping internazionale degli ultimi anni. Il riacquisto delle azioni proprie, che fatto a debito, viene giudicato più conveniente rispetto a un aumento dei dividendi. E infine l’acquisto delle minoranze. Alleanza, pur industrialmente già integrata nelle strutture It, negli immobili e nelle operazioni amministrative, sarebbe perfetta. L’esborso sarebbe tutto per cassa e valorizzerebbe i titoli di Alleanza tra 11,5 e 12 euro. Di più sarebbe ingiustificabile e troppo costoso per Trieste. I tempi dunque stringono.
Ieri il titolo della società che Ugo Ruffolo ha già rimesso industrialmente in riga, hanno chiuso intorno a 10,7 euro. L’opa prevederebbe così un premio del 7-10% sulle quotazioni di ieri e circa un 20% sulle quotazioni degli ultimi sei mesi. Insomma se Antoine Bernheim e Giovanni Perissinotto volessero fare l’operazione, devono annunciarla presto. Altrimenti il banco salta. Sopra una certa soglia l’offerta di Trieste è impossibile: finanziariamente ed economicamente. Siamo più o meno arrivati.
Oltre al prezzo, oggi alto, c’è anche la freddezza di un azionista determinante come Mediobanca che controlla il 14% del Leone triestino. Maggiore redditività, taglio drastico dei costi e valorizzazione degli asset, come quelli immobiliari, potrebbero anche bastare come capisaldi del prossimo piano industriale. E Bernheim non ha mostrato nel passato grande preoccupazione per il capitale in eccesso: anzi. Insomma non è detto che proprietà e manager assecondino le richieste di mercato e analisti. Il presidente inoltre, di questi tempi, sembra più interessato nella costituzione di un nocciolino di nuovi soci. Si sono rafforzate alcune Fondazioni, tra cui quella di Verona. Una piccola quota dovrebbe essere già in mano al finanziere polacco Zalesky.

I giochi per il nuovo management Generali si faranno solo nel 2007. Ma in molti ci pensano già da oggi. Comprese quelle banche che con il 7%, hanno ben deciso di uscire con obbligazioni convertibili dal capitale. Ma solo a partire dal 2008. A rinnovi già fatti.

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