Allegri s’affida al Faraone e agli esorcismi: «Serve il veleno in corpo»

«Dobbiamo avere il veleno addosso». È l’ultima trovata di Massimiliano Allegri per far fronte alla croce rossonera di Milanello e per allontanare dalla sua panchina le improbabili nuvole che qualche opinionista Sky vedrebbe di buon occhio (tanto per fare un nome e un cognome Massimo Mauro,ndr). Dal fronte interno infatti non sono in arrivo per questa sera, a nemmeno tre giorni dall’Udinese, notizie di miracolose guarigioni o di recuperi improvvisi: semmai il contrario con Taiwo e Yepes chiamati a rimpiazzare Nesta e Zambrotta spolpati. La speranzella, affacciata sul volto di Allegri e di Galliani il quale continua a tenere sotto pressione tutti nel collegio di Carnago, è di riavere in gruppo per la Champions Ibrahimovic a mezzo servizio e Ambrosini per la panchina. Ma col Cesena, che è poi il presente, due punti appena in classifica, non ci sono rientri alle viste, semmai un ricambio a centrocampo (Emanuelson per Aquilani). «Abbiamo analizzato a fondo la questione infortuni e ne abbiamo ricavato la seguente conclusione: a parte Ibra e Pato, ko muscolari, tutti gli altri sono di natura traumatica (se non addirittura estranei all’attività come Gattuso, per esempio, con una paresi al nervo ottico, ndr)» il chiarimento di Allegri è destinato anche all’eccesso di confusione provocata sulla materia. Non è stata colpa della preparazione: Robinho è tornato con la pubalgia dalla seleçao, Flamini si è rotto il crociato nel trofeo Berlusconi, Mexes è arrivato conciato, Antonini si è fermato per l’estrazione di due denti del giudizio. Il caso, vero e preoccupante, è invece Pato. «Dobbiamo farlo guarire e poi intervenire moltiplicando la prevenzione» è la sintesi del famoso vertice di giovedì mattina in via Turati. Una curiosità, oltre che una statistica, ha scatenato la caccia alle streghe. Ha segnalato Allegri: «Otto degli infortuni di Pato sono capitati a San Siro». Qualche buontempone ha pensato bene di prendersela con l’erba maledetta di San Siro. Sono altre le fonti di preoccupazione: i carichi di lavoro, la tenuta delle fibre muscolari, l’alimentazione, forse anche la struttura del brasiliano appesantita dalla massa muscolare. «Gli esami fatti subito dopo Napoli e prima dell’Udinese, erano ottimi», l’ultima notizia passata da Allegri. Non c’è stata sottostima di una stanchezza latente, insomma, inspiegabile tra l’altro in un giovanotto di 22 anni.
È facile dire: «Dobbiamo avere il veleno addosso». Allegri non è il tipo da nascondersi dietro le assenze («Odio gli alibi» ha ripetuto nelle pause di ieri pomeriggio). E infatti si è astenuto dal segnalare, per esempio, i fischi ostili di Tagliavento e Banti, in sequenza tra Napoli e Udinese. Perché di questi tempi deve far ricorso ad altre qualità della squadra. Quali? Semplicissima la risposta: «Lo spirito di sacrificio e il massimo dell’attenzione». Lo ha ripetuto al telefono anche al presidente Silvio Berlusconi, vicinissimo al Milan specie nelle curve a gomito della stagione, come questa appunto. Che fa il paio con quella di un torneo fa, proprio contro il Cesena, con l’infortunio di Gattuso durante il riscaldamento addirittura. «Solo che allora eravamo primi in classifica e avevamo un’altra autostima» è la differenza indicata dal tecnico livornese. Costretto ad aggrapparsi al talento acerbo di un diciottenne, Stephan El Shaarawy in gol mercoledì sera e a quello conclamato di Antonio Cassano passato dallo status di precario a fondamentale attaccante del Milan tra campionato e Champions.

«Ha fatto benissimo il Milan a tenerselo stretto, adesso ha una buona condizione fisica ma da lui mi aspetto ancora di più» è la carezza di Allegri sulla spalla del pibe di Bari che solo qualche mese prima, a maggio, accarezzava l’idea di lasciare Milanello e la Champions per trasferirsi in luoghi frequentati da scarsa concorrenza (Firenze o Genoa). Totò direbbe: «Ragazzi, come passa il tempo».

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