Sono un quarto dei Mille che salparono da Quarto i magnifici duecentocinquanta inviati della Rai in partenza per Pechino. Una spedizione monumentale, a quanto sembra superiore, almeno per numero, a quelle degli altri Paesi europei. Diciannove ore di trasmissioni al giorno, per un totale di trecento ore: cè da uscirne con gli occhi gonfi e le orecchie a penzoloni. Il popolo degli sportivi televisivi italiani, prontissimo ad accendersi per i dribbling estivi di Kakà e Del Piero, stranamente alle Olimpiadi sinfiamma anche per discipline puntualmente ignorate per gli altri quarantasette mesi. Senza i Giochi chi conoscerebbe gli Abbagnale o la Vezzali? Antonio Rossi o Galiazzo? Certo, per Raidue che coprirà il mastodontico evento in beata solitudine è una bella responsabilità.
Anche se alle due di notte o alle otto di mattina è difficile che si ritrovino davanti alla tv folle oceaniche, bisognerà tirar fuori gli attributi. Se la parte tecnica (registi, cameramen e affini) dà piene garanzie, per tradizione sono i commentatori la nota dolorosa. Come hanno ampiamente dimostrato i recenti Europei di calcio dove cera chi sapeva tutto della zia di Cristiano Ronaldo, ma poi si mangiava le sillabe; e chi era convinto che il primo dovere di un telecronista fosse stare zitto solo durante la pubblicità. Oltre allovvia competenza, occorre senso del ritmo e soprattutto della misura. Se il telesportivo avventizio confonde lequitazione con il dressage, e tutti e due con lippica, è giusto spiegarglielo, ma senza mai salire in cattedra. Quanto al tifo, basta tenere a mente le lezioni di Biscardi e soci, e fare esattamente il contrario.
Attenzione però a non idealizzare De Coubertin, o si rischia di precipitare in commenti insopportabilmente noiosi. Insomma, se il nuoto sincronizzato fa venire, con rispetto parlando, il latte alle ginocchia, tocca al telecronista dargli la vivacità che non ha.
Forza ragazzi della Rai, fateci dimenticare gli Europei, magari anche come risultato. E ricordatevi che a Pechino, in fondo in fondo, vi mandano i vostri (sempre troppo fiduciosi) abbonati.
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