Cultura e Spettacoli

ALTOLAGUIRRE L’angelo caduto nella poesia

Nasceva un secolo fa il grande animatore della vita culturale spagnola del ’900. Nei suoi versi l’eco della tradizione mistica di San Giovanni della Croce

A volte la ricorrenza di un centenario serve a riscattare dall’oblio il nome importante di un autore non sufficientemente conosciuto fuori del suo Paese. Quest’anno il mondo ispanico celebra con mostre, congressi e giornate di studio la figura e l’opera di Manuel Altolaguirre, l’indimenticabile poeta nato a Malaga nel 1905, tipografo, cineasta, creatore delle più belle riviste letterarie dell’epoca, tra cui la raffinata Litoral, alla quale collaborarono giovani letterati, artisti e maestri delle nuove estetiche come Picasso, Juan Gris e Manuel de Falla, presenti nell’omaggio tributato dal periodico al nume tutelare Luis de Góngora.
Difficile è descrivere in poche righe la ricca ed esaltante attività editoriale prodotta da Altolaguirre. Basta ricordare che, insieme a Litoral, il nostro autore pubblica numerose altre riviste che hanno profondamente segnato la vita letteraria spagnola del primo Novecento, come Poesía, Héroe, 1616, Caballo verde para la poesía (diretta da Pablo Neruda) e, ancora - durante il triennio della guerra civile - Hora de España, El mono azul (con Rafael Alberti); attività che il poeta continuò a sviluppare portandosi dietro nelle tappe europee di Parigi e Londra la sua piccola linotype, che non abbandonò neppure nella stagione dell’esilio a Cuba e in Messico, sebbene nell’ultimo periodo sia prevalso l’interesse per il cinema con la realizzazione di opere significative, come El cantar de los cantares, e la collaborazione alla scenografia del film Subida al cielo di Buñuel.
Occorre però tornare alla straordinaria esperienza tipografica vissuta dal giovane Manolo con Emilio Prados e José María Hinojosa nella stamperia «Sur» di Malaga agli inizi degli anni Venti; ricordare, ad esempio, che nella collana editoriale di Litoral appaiono i primi libri dei compagni del gruppo generazionale (Canciones di García Lorca, La amante di Rafael Alberti, Caracteres di José Bergamín, Perfil del aire di Luis Cernuda, Ámbito di Vicente Aleixandre, ecc.). Eleganza, bellezza, amore per la poesia e l’arte, secondo un canone che guarda alla forza dirompente dell’immagine plastica, guidano il gusto delle scelte grafiche e letterarie di Altolaguirre. Intorno all’attività della tipografia «Sur» sorgono importanti iniziative culturali in cui s’intrecciano e si fondono tradizione spagnola e avanguardia europea, rigore e sperimentazione. Le istantanee della Malaga dell’epoca mostrano i volti sorridenti di Altolaguirre, García Lorca, Alberti, Cernuda, Hinojosa, Gala e Dalí, uniti in un forte vincolo che lega insieme vita ed arte, prima che l’ombra della lotta politica li allontani e li separi per sempre. Sono momenti che il tempo ha coperto di un alone leggendario, anche perché restituiscono l’immagine di una generazione fondata sul mito della giovinezza e dell’amicizia, di cui García Lorca è l’esempio più appariscente («la sua persona era magica e dorata», scriverà Neruda), e Altolaguirre lo straordinario animatore editoriale.
Resta ora da parlare del poeta, del gran poeta moderno che è Altolaguirre, autore di libri come Soledades juntas, Las islas invitadas, La lenta libertad, Fin de un amor, dove si coglie la capacità visionaria che lo avvicina alla tradizione mistica di San Giovanni della Croce. A dimostrazione Cernuda ricorda i versi: «Diventa buia la tua alma pura./ Lascia che io sia la tua notte,/ che oscuri la tua trasparenza»; come non dimentica questa strofa giovanile: «Vieni, morte, che sono un bimbo/ e voglio spogliarmi,/ se ne è andata la luce e sono/ stanco di questi vestiti». A nostro avviso si tratta di una volontà di estraniamento nata da un sentimento di inquietudine di fronte al mistero che circonda la vita e il destino umano. Lo stesso atteggiamento che manifesta il fanciullo dinnanzi alla grandezza incommensurabile del mondo; da cui, per contrasto, la tendenza a confidare nella certezza dei sensi, a privilegiare le percezioni visive e uditive, olfattive e tattili, emerse dallo stato di solitudine mentale in cui è immerso il nostro autore, come mostrano queste immagini: «Era così alto il mio dolore,/ che la porta della casa/ da cui uscii piangendo/ mi arrivava alla cintura».
Dalla lettura dei pochi versi citati il lettore avrà di certo compreso che stiamo parlando di un grande poeta; un poeta che ha attraversato la burrascosa storia spagnola del primo Novecento, dialogando con i più importanti protagonisti della cultura europea: ricordiamo la sua amicizia con Picasso e con Eluard, nella cui casa parigina vive con la famiglia durante il soggiorno francese e, ancora, la frequentazione nel periodo londinese con don Luigi Sturzo, a cui offre di pubblicare la sua opera in spagnolo.
Altolaguirre muore in un incidente d’auto a Cubo de Bureba (Burgos) nel luglio del 1959, di ritorno dal festival del cinema di San Sebastián, dove aveva presentato il film El cantar de los cantares. Tutti gli amici piansero la morte prematura del loro indimenticabile Manolito, come solevano chiamarlo; alcuni di loro hanno ricordato la sua semplicità ma anche la sua grande ingenuità e stravaganza. In occasione delle sue nozze con la scrittrice Concha Méndez, pioniera del femminismo in Spagna, Altolaguirre si presentò nella chiesa madrilena di Chamberí con un «tremendo vestito color verde bottiglia». Gli sposi, seguiti dallo stuolo vociante dei compagni (c’erano Lorca, Alberti, Guillén, Salinas e tutto il gruppo degli amici poeti), entrarono in una cappella disadorna e si genuflessero davanti ad un altare spoglio, immerso nel buio. Terminato il rito religioso, vedono però irrompere un sacrestano gridando che «avevano sbagliato altare», che «quello vero era lì accanto», splendente di luci e adorno di fiori. Il poeta, per compiacerlo, chiese di ripetere la cerimonia, scontrandosi con il rifiuto del sacerdote officiante.
I compagni della generazione del 27 hanno lasciato ritratti commoventi di Manolito; tra i tanti scegliamo quello del Premio Nobel Vicente Aleixandre che lo paragona ad un angelo: «Sì, un angelo che, inciampando, era caduto sulla Terra, dove si era alzato stordito, sorridente...

e chiedendo scusa».

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