Altro che Pakistan, in Sicilia le donne non stanno «mute»

Sebbene per motivi professionali abbia visitato quasi tutto il mondo per studiarvi usi e costumi utili ai film da ambientare nei Paesi eventualmente scelti, mai sono stato in Pakistan. In compenso sono nato, mi sono formato e per lungo tempo ho vissuto in Sicilia. Mai vi ho visto picchiare donne, salvo quelle ragazzine e ragazze punite per marachelle da genitori che ignoravano la dottrina Montessori e le teorie del dottor Spock, peraltro da lui stesso ritrattate in un secondo tempo. Per la verità a quella giovane età sono stato picchiato anch’io, benché maschietto, e non mi vergogno di aver considerato «Mani Benedette» quelle di mio padre che oggi purtroppo da lungo tempo, e si vede, non mi schiaffeggiano più.
Ma, ripeto, non ho mai avuto l’occasione di vedere donne picchiate. Vero è che il mio campo visivo è, come generalmente quello di tutti gli esseri viventi, limitato, ma il mio campione era foltissimo di donne e a diversi livelli sociali: dalla famiglia alla scuola alle amicizie, alle mogli dei numerosi colleghi di mio padre.
Confesso che non ho un’idea chiara e definitiva dell’onorevole Amato, non so se sottile o grossolano, non so se navigante sotto o sopravvento, non so se piemontese o siciliano: sono tuttavia pronto a prestare fede alla sua esperienza pachistana. Evidentemente egli ha visto e sentito dire, più probabilmente ha studiato i costumi pachistani, è insomma quel San Tommaso che presumo di essere anch’io, non santo ma Tommaso. Con questo non voglio dire che noi siciliani picchiamo le donne solo con un fiore; sostengo però che nonostante il temperamento impulsivo, geloso, permaloso abbiamo un segreto e sommerso rispetto per la donna che nel suo ruolo da madre a sorella, ad amica, ad amante rappresenta metaforicamente la Grande Madre. Magari dissolviamo una tantum bambini nell’acido per procurarci privilegi, ma verso le donne abbiamo un comportamento più umano, nel bene e nel male.
A questo punto mi viene di riferire un’impressione che ho radicata fin dall’infanzia; esito perché potrebbe sembrare una risposta superficialmente polemica alla affermazione un po’ avventata dell’onorevole Amato. Ho l’impressione, dicevo, o se si vuole la sensazione, che la società siciliana sia stata e sia influenzata dalle donne; da mia nonna che custodiva, legate in vite, tutte le chiavi di casa per il cui uso mio nonno, che aveva l’aria superficialmente autoritaria, chiedeva a lei il permesso; da mio padre che non osava mai prendere un impegno senza prima «aver sentito la mia signora».
Con questo non voglio definire «matriarcale» la Sicilia, ma mi limito a riferire piccoli sintomi di uomini che portavano i calzoni, ma scelti dalle proprie mogli.


In definitiva, mi permetto di suggerire all’onorevole Amato di essere più accorto nelle proprie affermazioni: rischia l’autorità che, a parer mio, gli proviene, volendo approfondire, da una buona dose di ambiguità o dal gusto di generalizzare ad ogni costo affinità che non ci sono. L’età purtroppo non mi consente di affrontare un viaggio in Pakistan.

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