Cultura e Spettacoli

Altro che violenza, maghetti e 3D Il vero eroe è il dolce Winnie Pooh

da New York

In un’estate americana colma di pellicole negative, di pessimi maestri (Bad Teachers), orribili datori di lavoro (Horrible bosses) e dei robot flatulenti di Transformer, la Disney ha punta tutto sulla nostalgia. Venerdì scorso è uscito nelle sale degli States il cartone animato Winnie the Pooh -nuove Avventure nel Bosco dei Cento Acri; un cartoon così dolce, così nostalgico e magico da essere riuscito, nei primi due giorni di proiezione, a far riflettere (e allontanare) molte famiglie dal travolgente e quasi macabro Harry Potter e i Doni della morte: Parte II.
Potter ha abbandonato incantesimi e bacchette magiche ed è passato a continui spargimenti di sangue, a creature del male e scene di combattimento, terreni cosparsi di cadaveri e facce terrorizzate, trascinandosi dal genere Fantasy a quello Horror.
Una miscela che molti genitori considerano eccessiva. Così la Disney ha giocato a sparigliare le carte, spera che invece le famiglie americane accorrano nelle sale attigue dei multiplex, dove Pooh, il famoso orsacchiotto inventato da Alan Alexander Milne protagonista della letteratura per ragazzi, commuove e delizia per la sua innocenza.
La Disney pare abbia capito che anche l’eccessivo di uso di effetti speciali e di sceneggiature sarcastiche e graffianti di cartoon come Cars 2 o Kung Fu Panda hanno lasciato l’amaro in bocca a milioni di genitori che vogliono cartoni animati ad alto contenuto di dolcezza. Dolcezza che in Winnie the Pooh -nuove Avventure nel Bosco dei Cento Acri torna vittoriosa: già ottime infatti le recensioni dei maggiori quotidiani e le opinioni di critici incalliti come Peter Travers della rivista Rolling Stone. Incantato anche lui dal primo lungometraggio di Pooh ad apparire sul grande schermo da oltre 35 anni, strizzando l’occhio ai corti degli anni Sessanta e non superando i 70 minuti di durata.
Pooh torna senza cambiare minimamente il suo carattere, fiero di essere antimoderno. Torna ad essere semplicemente l’orsetto goloso di miele, dal cervello piccolo e il cuore grande, che vive insieme a Tigro, Pimpi, Hi-Ho e Christopher Robin nel Bosco dei Cento Acri.
Se Harry Potter ha abbandonato la semplice magia della divertentissima scuola di Hogwarts per abbracciare nemici spaventosi come il malvagio Lord Voldemort, la trama di Pooh coinvolge invece solo un attimo di paura: quando gli amici della foresta temono che Christopher Robin sia stato rapito da un misterioso nemico, Backson, prima di capire il ragazzino, sul suo messaggio, voleva scrivere «Back Soon», torno subito.
Forse la Disney ha capito che la formula della Pixar stava stancando; che riprendere vecchi personaggi dei cartoon come Alvin e gli Smurf, disegnarli in 3 D, dar loro uno skateboard e farli danzare al ritmo del rap stava stancando.
Ci avevano provato anche con Pooh, nel 2007, vestendolo come un super eroe e facendolo correre su uno scooter, ma l’impresa era stata fallimentare. Il marketing del personaggio più venduto al mondo (ancor più di Topolino) era crollato del 12%, pur superando ancora i 5 miliardi di dollari annuali Così stavolta i disegnatori della Disney hanno portato l’orsacchiotto sullo schermo con gli stessi disegni fatti da Ernest Shepard nel 1926, dopo aver trascorso mesi al Victoria e Albert museum di Londra, ricopiando fedelmente le illustrazioni delle prime edizioni dei libri di Milne (tutte le storie di Winnie scritte da Milne furono illustrate da Shepard, che per ispirarsi frequentò per qualche tempo la casa di Milne, avendo modo di osservare i veri pupazzi di Christopher Robin).
La disney si è anche avvalsa del talento di vecchi disegnatori del suo entourage che, dopo il trionfo del digitale e del 3D, erano stati messi in naftalina, come Burny Mattison.


La loro missione sarà vittoriosa? Ai botteghini la risposta, ma già in Giappone la vendita dei gadget di Pooh è schizzata verso la stratosfera, con magliette e borsette dai cinquecento euro in su.

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