Amato si accorge delle moschee d’Italia «Chi le finanzia?»

Il ministro dell’Interno: «Si diffondono con i soldi dall’estero, è inaccettabile». Il Polo: «Giusto ma tardivo». Musulmani in rivolta

da Roma

Potrebbe chiamarsi Operazione moschee trasparenti, quella di Giuliano Amato. Il ministro dell’Interno vuole vederci chiaro sui finanziamenti esteri per costruire luoghi di culto musulmani nel nostro Paese e pretende anche maggiori controlli sulle scuole islamiche che «devono rispettare lo standard di qualità soprattutto per gli insegnanti».
Per il titolare del Viminale è «inaccettabile la diffusione delle moschee con soldi che arrivano dall'estero». «C'è qualcosa che non mi piace, voglio capire chi finanzia cosa». Amato pensa al modello francese: una fondazione «con una componente nazionale dove far confluire le risorse che finanzino le opere religiose e quelle civili». Dietro alle sue preoccupazioni c’è il terrorismo internazionale, «una minaccia che incombe perché i gruppi sono ancora attivi». Per Amato «siamo attrezzati per tenerli d'occhio; il lavoro di intelligence ci ha forse aiutato ad evitare attentati in Italia, ora dobbiamo continuare a lavorare sulle tecnologie». Soprattutto ora che «la sciagurata vicenda dell'Irak attira i terroristi in quel Paese».
In Italia ci sono 258 moschee e centri islamici e 40 sono le scuole o i centri dove si studia il Corano. I musulmani sono oltre un milione, di cui circa 20mila italiani convertiti. Da diverse indagini sono emerse infiltrazioni terroristiche, tanto che il gip di Milano Guido Salvini (archiviando l'accusa di diffamazione dell'Islamic Relief contro il vicedirettore del Corriere della Sera Magdi Allam) ha scritto che enti caritatevoli nell'orbita dell'Islam «possono fungere da collettori, anche inconsapevolmente o quantomeno nella piena buona fede da parte di coloro che partecipano alle loro attività, di somme anche destinate a fini ben diversi, e divenire stazioni di transito e di sosta di denaro che finisce nelle mani di gruppi che esaltano e mettono in pratica l'ideologia jihadista».
Per la Cdl l’allarme di Amato è «giusto anche se tardivo», come dice Andrea Ronchi di An. Per l’azzurra Isabella Bertolini «sulle moschee Amato si sveglia tardi e scopre l'acqua calda». «Si chiudano i centri se si accertano attività criminose o eversive», chiede il leghista Roberto Calderoli. «Toni da crociata», critica il Verde Angelo Bonelli.
Positivi i commenti di membri della Consulta islamica come Mario Scialoja, presidente della Lega musulmana mondiale in Italia, il vicepresidente della Comunità religiosa islamica Sergio Pallavicini e Souad Sbai, presidente della Confederazione dei marocchini. Ma c’è anche chi si ribella: Hamza Piccardo, portavoce dell’Ucoii, chiede l’uscita dell’Unione dalla Consulta, definita «inidonea» e minaccia le dimissioni. La trasparenza già c’è e i controlli pure, per lui.

«Di quali moschee parla Amato? Solo quella di Roma e quella in costruzione a Milano hanno avuto fondi stranieri, le altre si autofinanziano. Dov’è lo scandalo?». Sì ai controlli, dice il segretario generale del Centro culturale islamico d'Italia, Abdellah Redouane, ma niente «discriminazioni».

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