Gli ambientalisti e la sindrome di Hendrick

Mi aiuti a capire caro dottor Granzotto: il pianeta è in via di desertificazione, si prospettano imminenti catastrofi climatiche con carestie e transumanze di popoli assetati, con città costiere sommerse dalle acque, estinzione di svariate specie animali e vegetali e tutto ciò al 94 per cento per colpa dell'uomo e noi cosa facciamo? Reagiamo col blocco delle auto al nord per una domenica?
Fiorenzo Melegnani e-mail


Il blocco domenicale della circolazione è un aspetto della sindrome di Hendrick. Sa, il piccolo eroe olandese il quale, certo di impedirne il cedimento, tappò col dito un forellino nella diga investita dai marosi (sindrome diffusissima, per altro: Prodi, con cosa intende tappare le crepe della diga governativa allo sfascio? Con il turacciolo chiamato Follini). Il governo Prodi non so, ma l'inquinamento atmosferico è una cosa seria, serissima, che seguita ad esser presa sotto gamba da quella società politica e civile che va in fibrillazione per un iceberg che si stacca dalla banchisa, ma resta indifferente ai veleni che respiriamo nelle città. Non è stato sempre così. Fino agli anni Sessanta l'Occidente industrializzato combatté una dura battaglia contro lo smog - neologismo coniato alla metà dell'Ottocento, ai tempi della rivoluzione industriale inglese - riuscendo a limitarne fortemente i danni. Ma quando presero ad allignare i gruppi ambientalisti (gli anni dei «figli dei fiori», per intenderci, degli hippy) le cose cambiarono: lo smog infatti non rientrava nel canone idolatrico della Madre Terra. Fenomeno circoscritto alle aree urbane o industrializzate, non mettendo a repentaglio l'equilibro naturale (dal quale, per gli ambientalisti, è escluso l'uomo e i suoi polmoni), l'inquinamento atmosferico venne quindi archiviato a vantaggio di temi ben più alti(sonanti), come la deforestazione dell'Amazzonia, il buco nell'ozono, il rischio di estinzione della foca monaca fino poi a cavar dal cilindro il tema dei temi, il riscaldamento globale con conseguente desertificazione del pianeta entro la Pasqua del 2025.
Salvo che per la foca, la quale a onor del vero se la sta vedendo brutta, ma ce ne faremo una ragione, tutto il resto è fuffa. Però fuffa infiocchettata con le nappe di quell'impegno sociale che, al pari del tubino nero e del blazer, non può mancare nel guardaroba di chi ha uso di mondo. Ed è andata a finire così: per fronteggiare l'immaginaria apocalisse si mobilitano le coscienze, si indicono oceanici congressi, si stilano protocolli di Kyoto, si chiedono (invano, occorre dire) investimenti di miliardi e miliardi, si impongono discipline «no-carb» (tirare lo sciacquone solo una volta ogni settimana, suggerisce Fulco Pratesi) e si predica il ritorno a modelli di vita neanderthaliani (in piena sintonia col respiro della Madre Terra, peccato solo la scomodità delle caverne).

Per combattere l'inquinamento atmosferico, il ditino di Hendrick. Qualche ora, in qualche parte, di parziale blocco della circolazione automobilistica. Così che andando a piedi si possano inalare meglio e in maggior quantità i veleni dello smog.

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