Anche la chirurgia può trattare la grave artrosi che colpisce le mani

Se le vostre mani sono colpite da artrosi, e magari siete in età avanzata, non rassegnatevi a convivere con dolori, dita gonfie, arrossamenti, antiestetiche nodosità e deformità invalidanti. La cura di questa patologia (articolare cronico-degenerativa) è possibile. Oggi, nuove e innovative terapie, personalizzate a seconda del tipo di esigenze del paziente, sono in grado di trattarla, anche in modo definitivo. Quasi 4milioni gli Italiani colpiti da artrosi. I segni tipici di quella che riguarda le mani possono comparire nell’80 per cento della popolazione oltre i 65anni, soprattutto se di sesso femminile. In merito, questa settimana, è stata promossa la prima Giornata nazionale dell’artrosi alle mani.
«Nella cura dell’artrosi la scelta della terapia più adatta per un paziente dipende dalla gravità e dall’estensione del danno e dalle esigenze quotidiane di ogni individuo», spiega il professor Marco Lanzetta, chirurgo noto a livello internazionale per aver partecipato all’esecuzione del primo trapianto di mano al mondo, direttore dell’Istituto italiano di chirurgia della mano di Monza (www.iicm.it), struttura all’avanguardia nel panorama sanitario lombardo, nata nel 2004, specializzata in tutti gli aspetti della chirurgia della mano. «Al di là della predisposizione verso l’artrosi - spiega Lanzetta - in una fase iniziale, può essere d’aiuto, un po’ di movimento fatto con la supervisione di un terapista, l’uso di tutori diurni ed una correzione della dieta con integratori alimentari antiossidanti e antagonisti degli squilibri degli acidi grassi». Se la malattia entra invece in una fase più avanzata, l’intervento diventa più deciso. «In questo caso, l’approccio più innovativo che utilizziamo prevede una serie di applicazioni di un farmaco-gel sulle articolazioni colpite. Si tratta di una tecnica assolutamente indolore che ci permette di trattare con successo oltre il 50% dei pazienti. I risultati si vedono dopo un mese». Più nuovo è l’utilizzo delle cellule staminali.«Possono essere iniettate nell’area danneggiata ed indotte, con adeguati fattori di crescita, a trasformarsi in nuove cartilagini». Progressi straordinari, infine, arrivano anche dalla microchirurgia artroscopia.

«É possibile rimodellare le dita deformate attraverso l’uso di sonde artroscopiche, del diametro di circa un millimetro. Permettono di lavorare all’interno delle articolazioni malate. E’ una tecnica sicura. Si effettua in anestesia locale in regime di day hospital e porta ad un risultato completo e definitivo».

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