nostro inviato a Morfasso (Piacenza)
La capitale leghista nella (ex?) regione rossa dell'Emilia Romagna è un paesotto di mille abitanti sull'Appennino piacentino lungo il torrente Arda, senza immigrati, senza delinquenza e senza lombra di un solo manifesto elettorale con la faccia di Umberto Bossi o di Massimo Polledri, deputato di Piacenza confermato per la terza volta in Parlamento. Nulla di ciò che ha fatto la fortuna del Carroccio nel resto del Nord Italia: i timori per l'insicurezza, la pressione migratoria, la presenza dei leader. A Morfasso, 40 chilometri dal capoluogo e una decina da Bettola, la patria di Pierluigi Bersani, gli stranieri non arrivano, anzi è la gente del posto a scappare all'estero in cerca di lavoro. Niente scippi o furti nelle case di montagna. Le strade strette e tortuose tengono il paese lontano dal vento del Nord che soffia in Padania.
Morfasso è il simbolo della vittoria elettorale leghista che dall'asse Piemonte-Lombardia-Veneto si diffonde alla destra del Po e sbaraglia la sinistra estrema: qui il Carroccio ha segnato il record del 22,87%. A Piacenza il partito di Umberto Bossi è al 14,2 per cento e a Parma all'11,5; a Modena tocca l'8,9 e a Reggio Emilia l'8,5; in Romagna sta fra il 6 e il 7. La punta più bassa è la Bologna di Romano Prodi, 4,8 per cento, che comunque è più del doppio rispetto al 2006. Il dato regionale è pari al 7,8 per cento: l'Udc del bolognese Pierferdinando Casini si ferma al 4,3, la Sinistra arcobaleno arranca al 3 e il Partito socialista di Enrico Boselli, anch'egli bolognese, è immobile allo 0,75.
Piacenza, Parma, Modena. Sono le province più vicine alla Lombardia, la culla della Lega; una in fila all'altra lungo la via Emilia. Una sorta di contagio, un flusso che si trasmette per osmosi. Ma non cè soltanto la contiguità geografica a spiegare la sorpresa leghista, che va di pari passo con l'arretramento della sinistra. In quella che ormai è unex roccaforte rossa, il Partito democratico supera la maggioranza assoluta soltanto a Reggio Emilia (50,4 per cento); per il resto siamo sopra il 40 con la clamorosa eccezione di Piacenza, dove il primo partito è il Popolo della libertà (35,5).
«Il caso di Morfasso è emblematico», spiega Maurizio Bosoni, consulente immobiliare trentenne con moglie e figlio piccolo che ha fatto il porta a porta per la Lega, come si usava una volta. «È successo, per esempio, che la Regione ha imposto una quantità di vincoli sul territorio. Sono stati costituiti comitati di protesta, organizzati dibattiti e assemblee: nessuno della sinistra si è fatto vedere. Noi ci siamo mossi senza pregiudiziali politiche, mai firmato i volantini con il simbolo della Lega, e adesso non cè stato bisogno di attacchinare i nostri manifesti perché si capiva perfettamente chi ha davvero a cuore gli interessi della gente e chi soltanto i propri».
«I vincoli non sono stati messi su aree pubbliche ma su terreni privati - aggiunge Nello Ongeri, giovane geometra -, volevano impedirci di essere padroni in casa nostra. Qui la legna è un bene prezioso, la vendiamo in tutto il Nord Italia, ma non dovremmo tagliarla per proteggere i nidi degli uccelli. I verdi hanno fermato per quattro mesi un cantiere sul Taro perché l'occhione stava covando sul greto. Non ne possiamo più di politici e burocrati e dei loro regolamenti ridicoli».
Lunedì sera la Lega di Piacenza ha festeggiato la riconferma di Polledri con grana padano, gorgonzola e gutturnio. «Oltre allo zoccolo duro leghista, ci ha votato gente con la schiena dritta, che magari prima stava a sinistra ma oggi non si è fatta illudere da falsi buonismi, dalle tasse, dallo spreco, dall'insicurezza, scegliendo l'unico partito che ha mantenuto la sua identità e l'ha rivendicata sul territorio».
«Gli elettori hanno premiato la coerenza - dice Maurizio Parma, segretario provinciale e capogruppo del Carroccio in Regione -. Il nostro simbolo era il più vecchio sulla scheda elettorale, il nostro programma è chiaro: federalismo, sicurezza, garanzie sull'immigrazione. Siamo presenti nelle istituzioni in un numero crescente di comuni, gli elettori ci conoscono e ci premiano».
Di buon mattino, il telefono del modenese Mauro Manfredini è già rovente, il baffone bianco salta da una cornetta all'altra a raccogliere i complimenti. «Troppa grazia - ripete nell'ufficio di consigliere regionale leghista - sapevamo che sarebbe andata bene ma così non ce l'aspettavamo. Non se ne può più di scippi e rapine, a Modena non ce ne sono mai stati così tanti. Ci siamo lamentati dal prefetto, ma le istituzioni minimizzano tutto. Dobbiamo prendere esempio dai sindaci veneti che hanno preso in mano la situazione.
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