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«Ancora in corsa per entrambi i titoli»

nostro inviato a Istanbul

Festa di famiglia per babbo e mamma Massa. Nel paddock occhi più per loro che per il figlio. Papà Luiz Antonio d’un tratto non sa più l’inglese e quasi quasi non ricorda l’italiano benché le origini sue attingano a Cerignola, Puglia calda e vera. Mamma Ana non solo ha le parole, ma dispensa prodiga sorrisi dolci e fieri. La sua espressione è la stessa, spaesata e incredula del marzo 2002, quando il suo Felipe debuttò in F1 con la Sauber. Felice anche Rafaela, la fidanzata di questo piccolo paperino brasiliano, paperino solo per il modo in cui parla, non per la iella come succedeva invece al predecessore e connazionale Barrichello. Papà Luiz Antonio dice «l’ha voluto Dio che vincesse, sabato sera Felipe era così tranquillo, abbiamo cenato assieme, è sempre sereno mio figlio. Ha imparato molto alla Ferrari e l’amicizia e i consigli di Schumacher sono importantissimi per lui. È tutto l’anno che va bene: nel Gp d’esordio, in Bahrein, era in prima fila e avrebbe potuto fare il miglior tempo, poi ha conquistato il suo primo podio, poi la prima pole, ora la prima vittoria... Adesso non posso che aspettarmi, un giorno, il primo mondiale... Ma se lo vorrà Dio». Più terrena mamma Ana: «Certo che ha vinto prima del previsto».
Se la famiglia fa festa, l’emozione fa invece da padrona sul viso del giovane brasiliano. Sul podio le lacrime gli rigano il viso, in conferenza stampa gli occhi sono lucidi e poi c’è quel groppo in gola a invecchiargli la voce: emozione, incredulità, stupore. «Sotto la bandiera a scacchi si è avverato un sogno – dice Felipe -. In un istante ho rivisto tutta la mia vita, i miei sforzi, quelli della mia famiglia, per questo ho dedicato il successo a loro. Senza mio padre non sarei arrivato fin qui. Al traguardo ho pensato anche a quel mio primo giorno alla Ferrari, quando arrivai come collaudatore. Ora sono felice per me, però mi dispiace per quanto accaduto a Michael; in formula uno sono cose che possono accadere». Gli fanno notare che in F1 può anche succedere che il team ti chieda apertamente di aiutare il tuo compagno in lotta per il mondiale. «Se ho temuto di dover aiutare Michael? Sì, ho pensato che potesse accadere e sarei anche stato disponibile... ma guardando al nostro risultato finale, in fondo, ho aiutato lo stesso la Ferrari».
Quindi un’iniezione di entusiasmo per l’intero team: «Ho sempre sognato di guidare una Ferrari e di vincere la mia prima corsa in F1 al volante di una Rossa. Ci sono riuscito. Il sogno è diventato realtà e aggiungo che i due campionati per cui lottiamo restano comunque aperti; dico che con quattro Gp ancora da disputare possiamo vincere entrambi i mondiali...». Poi gli occhi si fanno ancor più lucidi, ma non è l’emozione, è il desiderio: «Ora c’è Monza, il Gp d’Italia, ci vado da vincitore».

Non aggiunge altro; forse sogna Felipe, sogna il podio sulla folla brianzola, sogna di sventolare anche quell’altro passaporto per ripetere come a inizio stagione: «Ragazzi, guardate che sono anche io per metà italiano».

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