Anno nuovo, solito Annozero: processo al Giornale senza difesa

È leggermente ingrassato, i capelli sono più bianchi, per il resto Michele Santoro è rimasto quello che era: fazioso e scorretto. Annozero è tornato in prima serata Rai a manganellare Silvio Berlusconi e Il Giornale, senza che né l’uno né l’altro fossero in studio a difendersi. La puntata si intitolava «Scacco al premier». L’argomento doveva essere il rapporto tra Pdl e finiani: la puntata è stata un linciaggio mediatico del premier, del Giornale e dei suoi giornalisti. Sulla vicenda della casa di Montecarlo è passata una sola informazione: la lettera del Guardasigilli di Saint Lucia che attribuisce al cognato di Fini la proprietà delle società off-shore proprietarie della casa monegasca è una «patacca». La prova regina sta nelle parole di Italo Bocchino: «Basta il ragionamento».
A dire il vero, i primi veleni Santoro li ha riservati alla Rai, vestendo gli ormai consunti panni della vittima del sistema. Un antipasto che non è piaciuto al dg Mauro Masi, che a fine trasmissione ha definito «patetiche e ridicole» le bugie del conduttore, annunciando che «queste parole gravi verranno affrontate in cda al più presto». Poco male. A Santoro la caccia grossa piace. E lo ha dimostrato anche ieri, scatenando i suoi segugi: da Travaglio a Formigli, da Bocchino a Di Pietro (famosi sostenitori di Berlusconi), tutti pronti a dimostrare che Berlusconi è un falsario che ordina e costruisce dossier falsi mentre il Giornale è la buca delle lettere dei servizi deviati. L’assunto santoriano non è affatto originale: il brogliaccio della puntata stava scritto su Repubblica vergato dalla risorta penna di Giuseppe D’Avanzo. Gli ingredienti sono gli «utili idioti» che confezionano le polpette avvelenate per accreditarsi presso Berlusconi, personaggi come Luciano Gaucci, paradisi fiscali sempre dipinti come anticamere dell’inferno mentre ora diventano luoghi di acclarata riservatezza violati dagli spioni italiani.
Ci si scandalizza perché i giornali di Santo Domingo riportano la lettera «con gli stessi aggettivi e gli stessi errori come fosse una velina». Ci si dimentica di dire che la notizia era in prima pagina sul Corriere della Sera (se lo dimentica anche Aldo Cazzullo, firma di punta di via Solferino presente in studio) perché così è più facile appiccicare su Giornale e Libero l’etichetta di pataccari. Si parla dei legami tra Santo Domingo, Gaucci, un imprenditore incensurato ma figlio di un delinquente, dell’ex aennino Laboccetta, di carta intestata fasulla; si accusa un governo straniero con una leggerezza che ha dell’incredibile: un farneticante minestrone antiberlusconiano.
Di berlusconiani, nello studio di Annozero, nemmeno l’ombra: nessuno del Pdl. C’è il leghista Roberto Castelli che però non riesce mai a finire un ragionamento perché regolarmente interrotto. Gli inviati del programma si fingono «iene» nel vano tentativo di intervistare qualche politico del centrodestra davanti a Montecitorio. Santoro rispetta a modo suo il nuovo diktat Rai che impedisce gli applausi durante la trasmissione, cioè lo rispetta col trucco: toglie l’audio ai ripetuti battimani a senso unico del pubblico che però viene regolarmente e lungamente inquadrato.
Manca il Pdl ma è presente Fli, ormai diventato una costante per qualsiasi programma televisivo. Stavolta tocca a Italo Bocchino che parla di «bastonatura mediatica a Fini per aver puntato il dito contro Berlusconi». Sostiene che la patacca è opera di un ex giornalista dell’Avanti rilanciata dall’agenzia Il Velino «che fa riferimento al portavoce del Pdl Capezzone». Sostiene di aver commissionato «indagini a livello nazionale e internazionale» dalle quali risulta che «il cognato di Fini non è proprietario della casa di Montecarlo ma è vittima di un’operazione di dossieraggio costruita in Italia e all’estero con stanziamento di denaro da parte di Berlusconi».
Di Pietro gli dà manforte («io stesso fui vittima di analogo trattamento, a Mirabello sembrava che parlavo io») ma pone la domanda chiave: perché voi finiani voterete la fiducia a «questa persona pericolosa per la democrazia, un pericolo pubblico? Ma mandatelo a casa». Bocchino replica che voteranno la fiducia per il mandato ricevuto dagli elettori.

Un’arrampicata sugli specchi in piena regola che convince soltanto lui. Il suo pezzo forte è però un altro: «La notizia della lettera l’ha data Dagospia? Una volta faremo un dibattito su chi c’è dietro Dagospia». Non è difficile capirlo.

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