È passata in relativo silenzio la decisione di Fausto Bertinotti di mettere, come Giolitti, Il Capitale di Marx in soffitta e di rifarsi al Marx giovane. Cioè al Marx profeta della rivoluzione e non al teorico della società capitalista intesa come fondamento naturale della futura società comunista. Bertinotti ha messo anche fuori delle righe la parola comunismo (l'aveva già fatto Cossutta), e ha annunciato il nascere, anche come partito italiano, di quella formazione di partito della Sinistra Europea, che egli ha fondato, insieme ai socialisti di sinistra e ai postcomunisti, al Parlamento europeo. Ha anche rinunciato al concetto di classe, cioè a un blocco sociale alternativo alla società capitalista. Ha dichiarato che vuole fondare la cultura del nuovo partito che sostituirà Rifondazione Comunista sul principio del primato della persona umana, ha cioè adottato un linguaggio francamente cattolico. Ha persino benedetto la formazione del partito democratico tra Ds e Margherita e si è posto come federatore di tutti i partiti di sinistra radicale, in modo parallelo ma non conflittuale con il partito democratico dei riformisti.
È singolare che questo mutamento non abbia suscitato dibattito o interesse, esso significa l'adesione di Bertinotti a quella concezione della società occidentale che Tony Negri ha espresso nel suo libro Impero e che vede nella società della comunicazione e della tecnologia il formarsi, mediante la tecnologia, di contraddizioni che nascono da tutti i punti della società e che si riferiscono all'esistenza personale. Al concetto di classe Negri ha sostituito quello di moltitudine, derivato da Spinoza e in cui egli vede la sostanza della realtà umana che si manifesta nella contraddizione vivente tra individui e società. Non era già implicito questo concetto nella posizione dell'antagonismo come forma politica di Rifondazione Comunista? Quando il partito di Bertinotti si poneva con il movimento dei movimenti, era già la teoria di Tony Negri che sostituiva quella di Marx. Per questo Bertinotti dichiara di porre i lavoratori come persone, e non il lavoro come tale, al centro della sua linea politica: e quindi la volontà di cavalcare l'insieme dei movimenti contestatori come ha fatto finora.
Sceglie però di farlo all'interno di un sistema di governo, perché questi mutamenti verbali sembrano rendere più facile la convivenza con i Ds e la Margherita, nel senso che tolgono il peso della parola comunismo, con le sue reminiscenze storiche, dall'interno della politica italiana. Ma, al tempo stesso, ciò significa portare l'antagonismo al centro del governo, di fare valere nella sede istituzionale tutte le forme di movimenti che si verificano all'interno della società. Portare l'antagonismo all'interno del sistema di governo è l'obiettivo di questo mutamento di linguaggio che legittima a un tempo il riformismo del partito democratico e si differenzia da esso, non ponendosi come opposizione, cioè come mero riferimento nei movimenti sociali ma come forma di esso all'interno delle istituzioni di governo.
In caso di vittoria della sinistra avremmo così come chiave dell'alleanza una combinazione di sinistra e di estrema sinistra, in cui convivono ad un tempo la volontà di governare le istituzioni e quella di opporsi ad esse. Ciò condurrebbe il governo Prodi a un bilanciamento tra sinistra riformista e sinistra radicale, obbligandolo a mediazioni continue all'interno della sua linea di governo.
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