Gli anti-berlusconiani militanti sono i nuovi inquisitori

Gli anti-berlusconiani militanti sono i nuovi inquisitori

Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo uno stralcio dell’introduzione di Franco Debenedetti al volume Il mito virtuista e la letteratura immorale di Vilfredo Pareto (Liberilibri, pagg. 210, euro 18).

Il politically correct come metamorfosi del virtuismo. Il don’t ask don’t tell appare anch’esso repressivo: diritto è esibire, diritto non esibire, l’outing e la privacy. Come per gli altri diritti, anche per quelli della sfera sessuale liberata, se un diritto viene violato c’è una punizione: e un risarcimento. Per cui si devono ricostruire situazioni, raccogliere testimonianze, misurare indumenti, analizzare reperti, intercettare conversazioni: con l’intervento, e le parcelle, di medici, psicologi, avvocati.
Se la liberazione sessuale è codificata erga omnes, l’immoralità viene estesa oltre i confini del sesso a qualificare posizioni politiche. In Italia, l’opposizione al fenomeno Berlusconi non produce una competizione per il rinnovamento di culture politiche sclerotizzate in quarant’anni di consociativismo e di strutture di governo, di un’economia cresciuta all’ombra di uno statalismo ipertrofico. Invece l’opposizione viene presto monopolizzata dagli ottimati, che contrappongono la propria «bella politica» allo pseudo-pragmatismo degli interessi particolari, e si proclamano depositari unici del costituzionalismo repubblicano, e oppongono la «qualità» del servizio pubblico televisivo all’inebetimento della televisione commerciale. Un mito in cui le parti sociali concertano, i politici stanno composti nelle foto di gruppo e i contribuenti trovano bello pagare le tasse.
L’antiberlusconismo militante è il nuovo mito virtuista, i girotondini in corteo i nuovi «monaci domenicani». Chissà cosa ne direbbe Pareto, con il suo realismo critico, il suo istinto di andare alla machiavellica «realtà effettuale», sotto la crosta delle ideologie. Il virtuismo della sua epoca chiedeva al potere di dare la caccia all’immorale, per mantenerlo «fuori dalla scena», e impedire che si mostrasse in pubblico; il nuovo virtuismo va alla caccia dell’immorale all’interno del potere stesso, per renderlo visibile al pubblico.

Così si compie l’evoluzione dall’esibizionismo al voyeurismo: quello sbraitava e gesticolava al balcone del palazzo; questo sbircia e origlia nel corridoio del palazzo, nella stanza dell’albergo, nel salone della villa.

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