Appalti truccati e raccomandazioni Oltre 60 indagati

NapoliFalciata da una inchiesta giudiziaria, la famiglia Mastella. Clemente, leader dell’Udeur ed europarlamentare, Lady Sandrina, presidente del Consiglio regionale della Campania e il loro figlio primogenito, Pellegrino, sono rimasti impigliati in una inchiesta condotta dalla Procura di Napoli, sezione reati contro la pubblica amministrazione. Il quadretto familiare viene completato dal consuocero della coppia di Ceppaloni, l’ingegnere Carlo Camilleri.
L’indagine nasce da una costola dell’inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere, culminata il 16 gennaio dello scorso anno, con l’arresto di Lady Mastella e di un’altra decina di personaggi, in parte legati al partito del Campanile. Il filone di indagine napoletano ha provocato l’emissione di 25 misure cautelari (gip Laura Alfano), poste in esecuzione dai carabinieri del Comando provinciale di Caserta e dalla Guardia di finanza di Napoli. Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere, truffa ai danni dello Stato, turbativa d’asta, falso in atto pubblico continuato e concussione. Al centro dell’inchiesta, appalti, assunzioni, nomine e sostituzioni dei vertici amministrativi locali. Diverse le misure adottate nei confronti dei 25 indagati: Sandrina Lonardo, nel primo pomeriggio di ieri, è «fuggita» dalla «sua» Ceppaloni, in quanto colpita dal divieto di dimora in Campania e in altre città limitrofe, tra cui Foggia, Frosinone e Isernia. La presidente del Consiglio regionale della Campania si è trasferita nella sua casa romana, dove ha trovato il marito Clemente, raggiunto da un avviso di chiusura di indagine, nell’ambito dello stesso procedimento. Il loro figliolo, Pellegrino, ha ricevuto (con altri 38 indagati) una informazione di garanzia per abuso d’ufficio mentre il consuocero della coppia di Ceppaloni, Camilleri ha ricevuto l’identica misura della Lonardo. Divieto di dimora anche per Bartolomeo Piccolo, l’imprenditore amico di politici importanti di centrosinistra e centrodestra. Gli inquirenti della Procura napoletana hanno esaminato il triennio 2005-2008, relativo alla gestione dell’Agenzia regionale per l’ambiente della Campania (Arpac), il cui presidente Capobianco, è finito ai domiciliari. Gli investigatori hanno ficcato il naso nei sistemi di assunzione del personale e nel sistema degli appalti. Spiegano in Procura che l’«effettivo organo decisionale dell’Agenzia non era come per legge il direttore generale ma piuttosto i vertici della struttura di partito (Udeur, ndr) cui quest’ultimo apparteneva e di cui lo stesso altro non era che un mero terminale». Più di una confessione, il file trovato e sequestrato dalla Guardia di finanza napoletana, nel pc di Capobianco. Un file contenente 655 nomi di presunti raccomandati: accanto ad ogni segnalato, lo sponsor di riferimento. La speciale classifica del raccomandato vede al primo posto, l’ex assessore regionale della Campania Nocera, poi, l’ex presidente della giunta regionale campana, ex potente democristiano degli anni d’oro dello scudocrociato, Antonio Fantini (Udeur fino a poco tempo fa), lo stesso Mastella, con «appena» 26 segnalazioni. Ma, nell’elenco, guarda guarda, anche se con poche segnalazioni, ci sono anche il governatore campano, Antonio Bassolino, l’ex ministro per l’Ambiente, supercampione della legalità, Alfonso Pecoraro Scanio e Ciriaco De Mita.
Ieri, l’imputato nello scandalo dei rifiuti Bassolino, è sceso in campo con una sua dichiarazione sull’inchiesta della Procura di Napoli, sostenendo che, «se il quadro che appare dall’inchiesta sull’Arpac, fosse confermato sarebbe un fatto grave e preoccupante». A stretto giro gli ha risposto il portavoce della Lonardo, Alberto Borrelli, che ha ricordato al governatore che «nel quadro, nel caso fosse confermato, c’è anche il presidente Bassolino, come si legge nell’ordinanza dell’ufficio del Gip».
Pellegrino Mastella è rimasto coinvolto in un’altra vicenda, ritenuta penalmente non rilevante ma definito dal gip Laura Alfano un «episodio di estrema gravità». Si tratta dell’acquisto da parte del figlio dell’ex ministro di una Porsche Cayenne pagata 77mila euro in contanti e comprata da Tommaso Buttone, cognato del boss Domenico Belforte, uno dei capi della camorra casertana. Il Gip parla di «dato anomalo» riguardo le modalità di pagamento. «Non vi era - è scritto nell’ordinanza - alcuna traccia contabile e bancaria della pur cospicua somma che sarebbe stata necessaria per acquistare la vettura».
Un collaboratore di giustizia, Michele Froncillo, avrebbe dichiarato di essere stato in rapporti di conoscenza con il consigliere regionale Udeur Nicola Ferraro (divieto di dimora in Campania). A detta di Froncillo sarebbe stato Ferraro a pagare la Porsche. Il pentito ha sostenuto anche che «l’intero clan di Marcianise si era messo a disposizione delle esigenze elettorali dell’Udeur e di Ferraro.

Mandavamo affiliati a fare attacchinaggio, anche nottetempo, facevamo propaganda in favore dell’Udeur perché lo stesso Ferraro ci aveva detto che non appena eletto avrebbe ricambiato il nostro appoggio cercando di farci avere la nostra fetta di torta».

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