Arancia meccanica in convento i frati pestati da quattro romeni I religiosi non rivelarono il nascondiglio dei soldi e furono ridotti in fin di vita. Uno degli arrestati era stato ospitato dai francescani

TorinoÈ la sera del 26 agosto. Padre Sergio Baldin, ultimo guardiano del santuario di Belmonte, è in refettorio insieme con padre Battagliotti, padre Gurini e padre Magliano, il decano del convento. I quattro frati sono in preghiera, a un certo punto sentono dei rumori provenire dalla stanza accanto. È un attimo: vengono aggrediti da quattro balordi. «Vi ammazziamo tutti», gridano le belve prima di scagliarsi contro i francescani armati di bastoni. Ieri, diciotto dicembre, quattro mesi dopo l’aggressione, i presunti autori di quel feroce pestaggio finiscono in manette: sono quattro romeni. Alle nove del mattino il telefono squilla nell'ufficio del cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino. «Buongiorno eminenza. Li abbiamo presi». Il colloquio tra il cardinale Poletto e il comandante provinciale dei carabinieri, Antonio De Vita, è breve. Poche parole per dire che i balordi che a fine agosto avevano massacrato di botte i quattro frati francescani sono stati finalmente catturati. Arrestati. Sono quattro romeni, due sono fratelli. Solo uno di loro era rimasto in Italia dopo l’aggressione, gli altri erano invece fuggiti all’estero e hanno girato mezza Europa prima di finire in trappola. Prima si sono rifugiati in Spagna, quando poi hanno capito che i carabinieri erano sulle loro tracce sono scappati in Svizzera e Austria. E lì la loro fuga ha avuto fine. Dietro le sbarre sono finiti George Bineata, 21 anni, suo fratello Florin, di 22, Viorel Iulian Vrabie, 31 anni, ed Emilian Slivneanu, 22. Slivneanu è l'anello debole del gruppo, la piccola falla del sistema che ha permesso agli inquirenti di ricostruire i fatti. Il giovane era stato ospite del convento. Dopo aver trascorso un primo periodo presso la Caritas di Torino, il romeno era stato infatti indirizzato al convento di Belmonte, dove avrebbe trovato accoglienza dai frati. Slivneanu si era trasferito nel convento a primavera e vi era rimasto fino alla fine di luglio. La sua dipartita, tuttavia, si era trasformata presto in un incubo per i quattro frati. Da lì al 26 agosto, infatti, i frati cominciarono a subire minacce e rimasero anche vittime di due strani furti. Episodi preoccupanti. Tanto da spingere Padre Baldin a confidare a qualche amico i propri timori. Lo stesso frate, poi, aveva anche deciso di fare installare sul cancello del convento un sistema di videosorveglianza. Frà Baldin aveva ragione a preoccuparsi. L'elettricista avrebbe dovuto montare il sistema il 27 agosto, la sera prima i quattro frati furono massacrati di botte. I romeni entrarono dalla legnaia, lì trovarono i guanti e il nastro per legare i frati. C’erano anche i bastoni, e ciocchi da ardere. Il commando agì indisturbato per oltre un'ora, rovistando ovunque e lasciando le vittime agonizzanti nel refettorio. I telefoni cellulari rivelarono poi ai carabinieri che i quattro si trovavano in zona quella notte, e anche le sere in cui si erano verificati i furti. La sera in cui si verificò l’aggressione, i romeni non portarono via nulla.

I soldi del convento erano nascosti in soffitta, tra le masserizie. E lì furono ritrovati dai carabinieri. Se fu rapina, fu una rapina tanto violenta quanto non riuscita. Se fu vendetta, invece, lo dirà il dipanarsi dell'attività investigativa.

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