Giancarlo Abete non è mai stato un cuor di leone. La sua presidenza federale è sempre stata scandita da interventi pacati, misurati, a volte generici, senza un solo pugno sbattuto sul tavolo. Ha permesso ai suoi associati di tutto: addirittura che una componente come la lega di serie A disertasse da una vita il consiglio federale. É come se la Lega di Bossi non inviasse i suoi ministri al cdm di palazzo Chigi!. Non solo ma sui temi più scottanti, in cui c'era bisogno di tagliare un nodo, si è comportato come Ponzio Pilato. Si è lavato le mani quando si è trattato di dare corso alla radiazione, sancita dalla giustizia sportiva, nei confronti di Moggi, Giraudo e altri esponenti di calciopoli, rivolgendo i suoi interrogativi persino ai passanti pur di non assumersi l'onere della scelta.
In questo ore sta succedendo di peggio. Pensate: non si trova l'accordo sullo statuto perchè gli arbitri, qui intesi come Nicchi, non intendono rimettersi sotto l'ombrello federale, decisi a tenersi l'autonomia e la facoltà di scegliere il disegnatore. Pensate: Lotito, che è consigliere federale, ha minacciato l'intervento della magistratura ordinaria per dirimere la classifica del campionato, e lui ha chiamato Palazzi e ha pregatoi il presidente della Lazio di non alimentare la cultura del sospetto. Pensate: a Milano sono in guerra le società di serie A per la divisione di una cifra dei diritti tv e in assenza di un mediatore (Beretta è ormai dipendente di Unicredit), i grandi club si sono rivolti al Coni per avere una risposta. Così il calcio italiano non può andare avanti. O Abete comincia ad esercitare il suo ruolo, tagliando i nodi, facendo rientrare nei ranghi tutti coloro che ne sono usciti, oppure il caos è garantito.
Non vorremmo rimpiangere il famoso decisionismo di Antonio Matarrese che venne accusato del vizio opposto, e cioè di comportarsi da dittatorello. Meglio dittatorello che re travicello.
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