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Archeologi italiani scoprono una città dell'età del bronzo davanti a Troia

Sull'isola di Lemno, da dove secondo Omero arrivava il vino per gli achei che assediavano Ilio, i nostri ricercatori trovano un centro urbano praticamente intatto. Sono gli stessi luoghi dove negli anni Venti una missione archeologica italiana cercava l'origine della civiltà etrusca

Archeologi italiani scoprono una città dell'età del bronzo davanti a Troia

Un'antichissima città scomparsa, fiorente nei secoli in cui dovrebbe essersi svolta la mitica guerra di Troia (1300/1200 avanti Cristo), è stata scoperta praticamente intatta da una missione della Scuola archeologica italiana di Atene sull'isola di Lemno, nell'Egeo settentrionale, davanti allo Stretto dei Dardanelli, a 40 miglia dal sito dove Schliemann trovò Troia. Omero narra che i guerrieri achei assedianti ricevevano il vino da Lemno, e sull'isola è stato rinvenuto anche un complicato impianto di vinificazione del settimo secolo avanti Cristo.
La scoperta dell'insediamento urbano dell'età del bronzo, nella località che oggi si chiama Efestia, è stata annunciata dal direttore della Scuola archeologica italiana di Atene, Emanuele Greco, in una delle conferenze collaterali della 20esima Rassegna internazionale del cinema archeologico, organizzata dal Museo civico di Rovereto. La missione da lui diretta (l'ultima campagna di scavo si è conclusa l'estate scorsa) ha riportato alla luce l'abitato antico che era stato coperto dagli insediamenti successivi.
Nella città doveva essere praticata la metallurgia, come si evince dal fatto che ancora oggi prende il nome da Efesto, il dio che forgiava i metalli. Lo scavo di Greco vi ha trovato fucine e crogioli del settimo secolo avanti Cristo.
A Lemno i ricercatori italiani scavano già da tempo, e con risultati notevoli: nel 1926 - ha ricordato Greco - una missione guidata dal direttore dell'epoca della Scuola Archeologica Italiana di Atene, Alessandro Della Seta, aveva scoperto in località Poliochni il più antico insediamento urbano d'Europa. Lo strato più profondo risale alla fine del neolitico, verso il 3200 avanti Cristo, e lo scavo italiano aveva portato alla luce le mura, strade, fognature, un edificio strutturato per ospitare assemblee di un'ottantina di persone, nonchè una casa identificabile come quella di un sovrano. L'agglomerato urbano fu rinvenuto nello stato in cui lo avevano precipitosamente lasciato i suoi abitanti, terrorizzati da un violento terremoto, uno dei tanti eventi sismici che da sempre sconvolgono la regione: una specie di Pompei nell'Egeo. Lo scavo di Della Seta aveva evidenziato sette-otto strati di abitato sovrapposti e la traccia della lavorazione dei metalli: quella città produceva ed esportava oggetti di rame, con metalli provenienti da miniere dell'Anatolia.
Ma Della Seta era andato a cercare ben altro a Lemno: etruscologo, ebreo fascista e nazionalista (e alla fine tradito miserevolmente dalle leggi razziali del regime fascista, commenta Greco), voleva trovare le prove che confermassero l'esodo degli Etruschi dall'Anatolia, che secondo Erodoto avevano fatto tappa a Lemno. A questa ricerca Della Seta era stato incoraggiato da un'iscrizione sulla stele funeraria di un guerriero foceo rinvenuta a Kaminia: la scrittura è greca, mentre la lingua presenta forti somiglianze con l'etrusco. Ma la conferma cercata da Della Seta non si trovò, e la questione rimane tuttora aperta, nonostante il recente rinvenimento di un'altra iscrizione analoga, nella stessa lingua, sempre a Lemno: era in un santuario del sesto secolo avanti Cristo al quale gli insediamenti successivi avevano sovrapposto la costruzione di un teatro.


Oggi, come spiega Greco, gli archeologi ipotizzano che, se di lingua etrusca si tratta, probabilmente era arrivata dall'Etruria, forse con i pirati etruschi: scrivono i cronisti dell'epoca che il condottiero ateniese Milziade strappò Lemno ai Tirreni e offrì alla sua città il possesso dell'isola.

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