La bella notizia è che la pioggia arriverà. A breve, tra domani e dopodomani. Le perturbazioni interesseranno tutta l’Italia, le precipitazioni saranno copiose e dureranno una settimana. La cattiva notizia riguarda, invece, milioni di italiani in vacanza per il ponte del Primo maggio, che torneranno a casa sotto la pioggia. Ma questo è il minore dei mali, se si considera la situazione d’emergenza in cui è sprofondato il nostro Paese. La siccità avanza ovunque e non è più remoto il rischio di desertificazione per alcune nostre regioni come Puglia, Sicilia, Basilicata.
La situazione dell’attuale stagione, del resto, sembra la replica di quella di quattro anni fa, quando si boccheggiava ovunque e l’acqua si chiamava non più «oro blu» ma «manna del cielo». E, a dire il vero, quest’anno le previsioni sono persino peggiori. La stagione estiva è ancora alle porte e già si grida all’emergenza, poiché il deficit di precipitazioni accumulato negli ultimi 8 mesi oscilla tra il 10 e il 50% e - dicono gli esperti - le piogge dei prossimi giorni non saranno sufficienti a colmarlo.
Il Po ormai lancia il suo sos. Ieri due navi merci in secca sono state scoperte dal Corpo forestale lungo le sue rive, vicino a Cremona: erano ferme da venti giorni, con il loro carico di gas liquido. Anche l’agricoltura grida il suo allarme. Soprattutto sulla frutta estiva e sulle coltivazioni di ortaggi incombe lo spettro della siccità, si rischia un taglio produttivo del 25 per cento, ma al momento è ingiustificato ogni rincaro. La Cia, (Confederazione italiana agricoltori) sostiene che senza un valido piano di intervento potrebbe verificarsi il tracollo per molta parte della nostra agricoltura. Il presidente di Confservizi Raffaele Morese invoca invece interventi strutturali: «In pericolo non sono solo le coltivazioni, ma anche le forniture urbane e l’erogazione di energia elettrica. Purtroppo il governo non sta mostrando un passo adeguato, ci sono annunci, talvolta buone intenzioni, ma poche scelte in tutti i settori». Prodi e i suoi ministri dunque dovranno affrontare senza tentennamenti molti nodi relativi alla questione siccità. Il 4 maggio, infatti, il Consiglio dei ministri deciderà se dichiarare lo stato di crisi come ipotizza lo stesso responsabile dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio. Sui provvedimenti del governo inciderà molto il resoconto del vertice di oggi al Dipartimento della Protezione civile, allargato ai rappresentanti delle regioni, degli enti locali e delle aziende per mettere a punto un piano di contrasto.
Il tempo stringe e il governo non può limitarsi a fare la danza della pioggia. E dopo gli «allarmismi» (così li ha definiti il premier Romano Prodi) lanciati da Luca Cordero di Montezemolo e da più voci della comunità scientifica, ora si sta valutando il contesto reale, cercando di non seminare il panico. Le parole d’ordine sono: lotta agli sprechi e programmazione, che vuol dire anche gestione e uso razionale dell’acqua in agricoltura, dalle industrie fino alle utenze domestiche.
Il rischio di rimanere al buio, del resto, è in agguato. Bisogna fronteggiare un prevedibile calo di potenza di energia di circa 8.000 Mw: da 57.000 Mw necessari per il fabbisogno estivo si dovrebbe scendere infatti a 49.000 a causa della «minore produzione idroelettrica, della riduzione dell’import e della riduzione delle centrali termiche del fiume Po».
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