Tra i boschi di colle San Marco e quelli di Ripe di Civitella tornano ad «annusare» i «molecolari» segugi che nulla hanno potuto per Yara, a Brembate. Chissà magari stavolta l’imbroccheranno. Qualcosa nei giorni scorsi in effetti hanno trovato: uno orecchino della vittima, nuove tracce di sangue, probabilmente anche l’olezzo dell’assassino. Ma loro non possono parlare.
Così a poco più di due settimane dall’omicidio della bella Carmela, la ventinovenne donna del soldato da tutti conosciuta come Melania, pian piano si tirano i primi bilanci. Cominciano ad arrivare, seppur centellinati, i risultati delle analisi del Ris, gli esami compiuti dall’anatomopatologo Adriano Tagliabracci, almeno qualche certezza la danno. E dunque ecco il cerchio restringersi. Nel complesso puzzle in cui dovrebbe comparire la faccia dell’assassino giorno dopo giorno si aggiungono nuovi tasselli. La forbice sull’orario dell’omicidio resta di circa ventiquattr’ore, sembra però che la vittima sia sta uccisa circa due ore dopo aver mangiato. Forse proprio con l’assassino. Un’ulteriore traccia.
Decine e decine di interrogatori, amanti vere e presunte del caporalmaggiore che addestra le donne, spasimanti della vittima altrettanto presunti, questioni di corna e di gelosie, continuano a tormentare il rebus degli investigatori. Non c’è ancora nessun indagato, ma è pura questione di forma. E di cautela. Perlomeno, nei colloqui, coi vari sospettati si evita l’«intromissione» di un avvocato difensore.
Intanto dopo l’interrogatorio di ieri sembra uscire di scena la ex di Salvatore Parolisi, soldatessa romana di stanza a Lecce, la donna con la quale lui stesso ha ammesso di aver avuto una relazione. Finita? Questo non è chiaro. Lei comunque vanta un alibi di ferro. Quel giorno era in caserma. Resta da vedere se qualcun’altra, magari una nuova fiamma, fosse invece in giro per l’Ascolano.
Poi tutti i dubbi sulla versione del marito di Melania. Che a dispetto delle solite indiscrezioni ieri non è stato interrogato. E nemmeno lo sarà, almeno nelle prossime ore. Inutile nasconderlo. Non convincono i tempi delle sue telefonate, quel famoso caffè che la moglie avrebbe dovuto portargli sapendo di percorrere un tragitto che richiede venti minuti mentre lui teneva la figlia sull’altalena; la «scusa» di andare a quella toilette del ristorante (decisamente troppo lontana in caso di bisogno) e dove mai arrivò; il fatto che nella tasche di Melania non sia stato trovato un cent. Borsa e portafoglio erano a casa. Non nemmeno ancora certo che coppia e figlioletta, quel maledetto 18 aprile, siano stati davvero nel parco giochi di colle San Marco.
Ieri, tra una testimonianza e l’altra, i carabinieri coordinati dal colonnello Alessandro Patrizio, si sono presentati in un negozio di Ascoli Piceno prelevando tre coltelli. Tre lame di marche diverse del tipo di quelli che le soldatesse - ad Ascoli c'è il Reggimento Piceno, dove il marito di Melania, Salvatore Parolisi, addestra le reclute - regalano agli istruttori a fine corso. Tutti simili a quello trovato da un volontario della Protezione civile alcuni giorni fa nel bosco dove si sarebbe consumato il delitto.
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