Ater, la trappola del «call center»

Ater, la trappola del «call center»

Sei un inquilino dell’Ater e hai bisogno di assistenza? Ci sono i topi, piove acqua dal tetto, c’è un ascensore rotto? Chiama il call center e segnala il guasto al telefono, dice l’azienda. Chiama e attendi. Purtroppo è un’attesa lunga, snervante, spesso infinita. C’è chi ha rifatto il numero per giorni, prima di rinunciare. C’è chi ce l’ha fatta, ma dopo mesi ancora attende che si faccia vivo qualcuno, dopo le assicurazioni ricevute dalla centralinista di turno.
La seconda puntata dell’inchiesta sull’Ater di Roma riguarda il call center aziendale. Uno strumento costoso e inefficiente. Un flop.
È stato attivato per «potenziare l’attività di relazione con l’utenza», si legge nella delibera che l’ha istituito un paio d’anni fa, precisamente il 16 marzo 2006. Ma la realtà è diversa, esattamente opposta. Il primo luglio 2008 il consigliere regionale di An-Pdl Francesco Lollobrigida ha presentato un’interrogazione a Marrazzo e all’assessore alla casa Astorre. «Per far entrare in servizio il call-center l’Ater ha investito 100mila euro per l’assessment tecnologico e strumentale e per la formazione dei dipendenti - si legge nell’interrogazione -. Con la stessa delibera sono stati stanziati, inoltre, altri 16mila euro all’anno per la manutenzione del call center e 20mila euro (sempre annui) per la stampa e la diffusione di un periodico di informazione chiamato “Il corriere dell’Ater”. La responsabilità sia del call center che della rivista è stata affidata al Servizio di Comunicazione, Relazioni Esterne ed Immagine».
Risultati concreti? «Risulta allo scrivente che gli inquilini stanno raccogliendo firme per la soppressione del servizio», sottolinea Lollobrigida nell’interrogazione, rilevando «le continue lamentele dell’utenza Ater sulle mancate risposte alle problematiche tecnico-amministrative da parte del call center» e, inoltre, «l’impossibilità di interfacciarsi direttamente con i tecnici e gli operatori Ater delle Zone di competenza». Lollobrigida ha chiesto a Marrazzo di sapere «i costi complessivi annui del servizio, quante postazioni call center sono attualmente funzionanti, il numero di pratiche lavorate e segnalate alle zone tecnico amministrative».
Per il momento nessuna risposta.
E, intanto, proseguono i disagi, le attese a vuoto, le lamentele. Abbiamo fatto la prova. Il numero è 06686288. «Siete in linea con l’Ater del Comune di Roma», risponde una voce metallica, registrata. Il disco rimanda a due numeri di fax, al sito internet e anche a un indirizzo mail. Poi la musica, insistente, esasperante. C’è chi aspetta 15 minuti, mezz’ora, chi ha riprovato per giorni. In agosto il servizio è ridotto, ma a pieno regime non cambia molto.
«Fallimentare», lo definisce l’assessore ai Servizi sociali del IV Municipio Francesco Filini che dichiara: «Centinaia di firme sono state raccolte dagli inquilini nella sola zona di Montesacro-Tufello, presto saranno consegnate al presidente dell’Ater Petrucci e a Marrazzo per chiedere l’immediata soppressione del call center».
Insomma, nessun dubbio: meglio gli sportelli con una persona in carne e ossa davanti. «Petrucci - rimarca Filini - dovrebbe aprire gli occhi e rendersi conto di quanti danni ha causato la costosissima “scelta strategica” del call center. Di fatto ha accentrato la gestione tecnico-amministrativa e provocato enormi disagi agli inquilini.

Se la strategia di Petrucci era quella di assumere onerosi dirigenti esterni per mettere in piedi un costoso e inutile servizio, svolto per giunta da personale non qualificato, - conclude - allora ha raggiunto l’obiettivo».

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