Atr, la «seconda giovinezza» del turboelica

da Milano

Continua a volare Atr, la società controllata pariteticamente da Alenia Aeronautica/Finmeccanica e Eads che da brutto anatroccolo destinato a fine prematura si è trasformata in cigno, o meglio, in gallina dalle uova d’oro, che regala soddisfazioni agli azionisti e ai clienti. Dall’avvio del programma ne sono stati ordinati 902 esemplari, 175 ancora da consegnare. Il traguardo dei mille ordini, che nel 1981, quando il programma fu lanciato, sembrava incredibile, è a portata di mano. Oggi per avere un Atr bisogna fare la fila e se ne trovano pochi anche di seconda mano. La società sta quindi aumentando il ritmo di produzione: 15 nel 2005, 24 nel 2006, 44 quest’anno, 64 nel 2008, 70 nel 2009. E questo incremento significa 2mila nuovi addetti, principalmente in Campania e a Tolosa. Gli Atr sono gli aerei passeggeri in cui c’è il massimo contenuto italiano: il 50% del programma, l’intera fusoliera sono italiani.
Gli ordini continuano a piovere: ieri si è aggiunta Malaysia Airways, che ha commissionato 10 Atr-72, sottoscrivendo opzioni su altrettanti velivoli, per un valore di 360 milioni di dollari. Dall’inizio dell’anno sono già stati ottenuti 65 ordini fermi e 27 opzioni. E anche i ricavi volano: 700 milioni di euro nel 2006, 1 miliardo quest’anno, per arrivare a 1,5 miliardi nel 2009, con profitti intorno al 10%. Né c’è il rischio di una crisi improvvisa: le previsioni di mercato indicano che nei prossimi 10 anni saranno consegnati altri 1.400 aerei in questo segmento di mercato.
Atr è il leader mondiale nel settore, con una quota superiore al 60%. C’è un solo vero rivale, la canadese Bombardier, con i suoi Dash-8. Tutti gli altri costruttori, da Fokker a Dornier, da Saab a Bae Systems a Embraer, sono usciti dal mercato durante gli anni delle vacche magre. Ma per chi è riuscito a resistere ora è il momento della rivincita. La mania del jet a tutti i costi, anche per piccoli aerei regionali, è svanita: anche a causa del prezzo del petrolio, gli aerei a getto fino a 50 posti, ma anche a 70 posti, difficilmente offrono margini positivi. Ecco dunque il ritorno del turboelica, che spesso è più comodo (dimensioni cabina) e almeno altrettanto silenzioso (gli Atr di seconda generazione hanno basse vibrazioni e poco rumore), mentre il vantaggio del jet in termini di velocità diventa poco significativo quando si parla di quelle tratte brevi e medie, fino a 550 chilometri. Non solo, oggi che la sensibilità ambientale è in continuo aumento anche nel mondo dell’aviazione, gli Atr si fanno apprezzare per le ridotte emissioni di anidride carbonica e per i bassi consumi: un jet risulta più inquinante del 54%.
Gli Atr sono prodotti in due taglie, 42 oppure 72 posti (con il modello più grande oggi più richiesto) e offrono un livello di comfort sempre più elevato. Oggi sono allestiti con poltrone comode, grandi cappelliere per i bagagli, sistema di intrattenimento: si adeguano agli standard degli aerei di linea di nuova generazione. Ne esistono anche versioni militari, per pattugliamento marittimo e antisommergibile, che stanno ottenendo a loro volta un buon successo.
A guidare il rilancio di Atr è stato negli ultimi tre anni l’italiano Filippo Bagnato, che proprio in queste settimane ha passato il testimone al francese Stéphane Mayer. Bagnato era arrivato con il mandato di chiudere, limitando le perdite. Ma dopo aver analizzato conti e capacità industriali e saggiato il mercato ha ottenuto un po’ di credito dagli azionisti e, da ingegnere e manager, si è inventato anche il ruolo commerciale, andando a cercare e a convincere i difficili, a volte folkloristici proprietari delle compagnie aeree che utilizzano questi aerei. Ha vinto la sua scommessa, chiudendo i suoi tre anni a Tolosa con un bottino di 218 ordini.

E ha così ben impressionato anche i soci di Eads da aver ricevuto da questi una proposta per passare in Airbus, in cui Finmeccanica non ha presenza azionaria. Quanto al suo successore ad Atr, gli basterà proseguire nel solco già tracciato.

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