«Nel settore è in atto un processo di desertificazione che si va concentrando in alcuni distretti territoriali. Ci sono intere aree geografiche che vedono dissolversi importanti filiere produttive. Se questo Paese ci condanna a fare barche solo per gli stranieri le nostre aziende saranno costrette a delocalizzare. E questo sarà un percorso doloroso per tutti». Il numero uno di Ucina-Confindustria Nautica, Anton Francesco Albertoni, ipotizza scenari cupi, ma raccoglie il guanto della sfida e ordina ai suoi: «Vietato gettate la spugna».
Presidente, il «salone alternativo», altra spina nel fianco.
«Questa vicenda è stata strumentalizzata e amplificata ad arte da soggetti che miravano solo al proprio business pur proponendosi quali paladini di aziende in difficoltà e formulando proposte economiche del tutto illogiche. Per farla breve alcune persone hanno approfittato della grande difficoltà economica di alcune aziende. Ma alla fine è stata una bolla di sapone. L'altro salone non ci sarà. Punto. Epilogo scontato di un episodio che ha fatto del male a tutti, soprattutto a quelle aziende che ci avevano creduto. La vela, per esposizione di barche e di accessori, sarà presente al Salone con i brand che, in termini di volumi d'affari prodotti, rappresentano il segmento di riferimento».
Il mercato della nautica, però è sempre più impietoso...
«Indubbiamente è in corso una selezione, il cui regista assoluto è il mercato. Di fronte a questa durissima selezione avere comunque un numero così importante - parliamo di 800 aziende che con caparbietà e convinzione verranno a Genova - è un risultato ancora più straordinario di quando le aziende erano più di mille. Oggi trovare 800 aziende che condividono un progetto unico, a mio parere è un valore straordinario. Del resto le testimonianze degli associati, da Cataldo Aprea a Piero Formenti, ad Andrea Razeto e altri ancora, hanno dato l'idea di quel sentimento di rabbia nei confronti di quelli che hanno provato a fare i furbi, perché di questo si tratta».
Presidente, è già ottobre...
«Punto e a capo. Il Nautico 2012 è la risposta concreta al comparto della vela che torna al centro della rassegna. E quindi al centro dell'attenzione, dei programmi, degli investimenti. Perché attorno alla vela abbiamo ridisegnato l'intero salone. Vogliamo presentare un salone il più interattivo possibile con il visitatore, un momento anche formativo, un'esperienza di visita. Di prodotto ne parlano già le aziende. Noi abbiamo il dovere primario di usare il momento del salone come un evento, ma anche come un grande contenitore che faccia cultura e tendenza. Oggi la realtà brutale è che la nautica da diporto non è più di moda. Dobbiamo tornare a fare cultura del mare».
Governi, politica e burocrati vari permettendo.
«Io vado al di là degli schemi soliti, delle contrapposizioni, delle mediazioni, delle istanze della categoria. Questa è un'attività che continueremo a fare per spiegare alla politica chi siamo e che cosa facciamo. Ma il grande cambiamento deve essere prima di tutto interno. Far capire alle aziende, cioè, che non basta comunicare il prodotto per vendere un prodotto. Ho parlato spesso del mercato cinese e voglio ripetermi. In Cina ci sono i quattrini ma non c'è una cultura nautica, non c'è uno stimolo sociale. In Italia, invece, sappiamo che il bacino c'è. Per dirla con Lamberto Tacoli - nonostante oggi il mercato interno valga appena il 10% del fatturato - sarà molto più facile far ripartire quei Paesi che per tradizione hanno già una cultura nautica che creare interesse per il diporto in aree che non sono state mai appassionale al mare e alla navigazione. Ecco perché Genova è un riferimento centrale e irrinunciabile. Che, tuttavia, anno dopo anno, dovrà incrementare il suo appeal internazionale».
Il mercato italiano fino a 4 anni fa valeva da solo circa 3,5 miliardi di euro.
«Appunto. Non possiamo abbandonare questo mercato. Era una cifra superiore al fatturato totale di oggi. Un mercato che ha questa capacità merita la massima attenzione. Un mercato che nel momento in cui si ricreassero le condizioni economiche avrebbe tutte le carte in regola per tornare a essere tra i primi al mondo in termini di consumatori e quindi a crescere in maniera importante».
Capitolo presenze, la partita non è ancora chiusa.
«Oggi non è possibile fare raffronti con gli anni scorsi. Tutti i programmi aziendali, non solo su Genova, sono a brevissimo termine.
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