Attori o cantanti che pagano pegno Tutti obbligati a smarcarsi da papà

Certo che la figliodartite, la sindrome dei figli d’arte a confronto con papà o mammà, ha quasi sempre un decorso obbligatorio (e crudele). Intanto bisogna vincere la guerra di liberazione artistica, o quantomeno secessione, primo passo fondamentale. E qui volano parole grosse. Ad esempio Eve Hewson, figlia nientemeno che di Bono degli U2, ha appena detto che «la musica di papà? Figurarsi, è roba da vecchi». Ed è finita sul set a recitare per Sorrentino in This must be the place: è l’amica di Sean Penn, il rocker scoppiato che, guardacaso, per tutto il film si impegna a fare i conti con l’ombra di suo padre. Anche a Sting, che ha appena pubblicato un cofanetto celebrativo della sua carriera solista e non è proprio entusiasta di aver compiuto sessant’anni, fischiano le orecchie ogni volta che i suoi figli Coco e Joseph parlano con i giornalisti. La prima, che è nata a Pisa nel 1990, ha pubblicato un disco da poco con la sua band I blame Coco, dice più o meno le stesse cose della figlia di Bono. Il secondo ancora peggio, salvo però aprire i concerti dei Police di papà con la sua band tutto sommato benedetta dalla fortuna. Insomma, già quando si è giovanissimi, con i genitori non è quasi mai tutto rose e fiori. Ma se sei figlio d’arte peggio ancora. Sapendolo, Bruce Springsteen ha infatti dichiarato preventivamente che i suoi figli non ci pensano proprio ad ascoltare Thunder road o The promise land, insomma i capolavori di casa.
Poi, il titolare di cognome e papà celebre passa al secondo passo: la conferma delle proprie doti. Mica semplice perché, sapete, uccide più un pregiudizio di un cecchino. Persino grandi musicisti come Dweezil Zappa, uno che con la Gibson Sg davvero ha dimostrato di essere un ottimo chitarrista, sono azzoppati dall’invidia, anche solo strisciante, e lentamente si rassegnano o finiscono ai margini dei riflettori. Insomma, per farla breve, sono pochi i figli d’arte che ci riescono. E talvolta per farlo attendono l’altalena del destino, spesso soffrendone. Ad esempio Cristiano De André è un signor strumentista, persino insospettabile tanto è bravo ed eclettico, eppure ha faticato assai, arrivando solo con l’ultimo disco (il tributo al padre De André canta De André) a ottenere quella serenità interpretativa che gli mancava e tutti aspettavano. E non è un caso che abbia avuto una nomination al Premio Tenco in attesa di registrare un altro disco.

E proprio al Tenco si è appena affacciato anche Filippo Graziani, figlio di Ivan, con il (commovente e ben interpretato) disco dal vivo in omaggio alle canzoni di suo papà, forse il più sottovalutato tra i grandi della canzone d’autore, uno di quegli artisti che con il loro solo esempio guariscono seduta stante dalla figliodartite.

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