Commercialisti, Mario Civetta guida il cambiamento: “Occorre ascoltare i territori”

Civetta sarà il candidato leader alle prossime elezioni del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili. La prima azione concreta del gruppo che lo sostiene sarà l’avvio di un confronto diretto con i rappresentanti dei territori

Commercialisti, Mario Civetta guida il cambiamento: “Occorre ascoltare i territori”

Mario Civetta, già alla guida dell’Ordine dei Commercialisti di Roma, sarà il candidato leader alle prossime elezioni del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili.
La sua candidatura nasce con l’obiettivo di promuovere una gestione partecipativa e aperta del Consiglio Nazionale. “Occorre dare maggiore voce agli Ordini territoriali, in particolare a quelli più piccoli”, ha dichiarato.

La prima azione concreta del gruppo che lo sostiene sarà l’avvio di un confronto diretto con i rappresentanti dei territori, con l’intento di raccogliere istanze, ascoltare proposte e definire insieme le linee prioritarie di intervento per il futuro del Consiglio Nazionale.

Civetta ha spiegato di aver condiviso la candidatura perché crede in un’idea semplice, ma oggi rivoluzionaria: che la professione possa rinascere solo se chi la guida ascolta davvero. Non per cortesia, ma per metodo. La sua visione del Consiglio Nazionale è quella di una “cabina di regia” aperta, dove le decisioni nascono dal confronto tra territori, colleghi ed esperienze diverse. È un modello che non ha inventato oggi: è quello che in molti Ordini in Italia si pratica da sempre e che è stato applicato anche a Roma durante il suo mandato, quando si veniva chiamati a dare il proprio contributo per ciò che poteva portare alla comunità. Le voci critiche, spesso, sono risultate le più preziose. Per Civetta, la vera leadership non si misura con l’applauso, ma con la capacità di trasformare il dissenso in progetto comune.

Ora sente il dovere di portare quel metodo, quel principio di civile e costruttiva convivenza, nel più ampio ambito nazionale. Perché – sostiene – non c’è più tempo per le guerre di posizione: è il tempo del “noi”.

Riconosce i meriti dell’attuale Consiglio, in particolare per alcuni risultati significativi come la riforma dell’articolo 2407 del Codice civile, ma sottolinea che una guida si misura anche dalla capacità di tenere unita la comunità. E oggi, purtroppo, la categoria appare divisa. Gli “Stati Generali dei Commercialisti” ne sono stati il simbolo più evidente.
Civetta ritiene che la forza di chi guida debba consistere nella capacità di includere anche chi dissente. Il dissenso non è una minaccia, ma una risorsa. Per questo ha scelto di candidarsi: per ricostruire un clima di fiducia basato sul rispetto reciproco.

A chi lo accusa di rappresentare solo i grandi Ordini, Civetta risponde che forse non conosce bene il loro percorso. È vero che alcuni membri della sua squadra provengono da realtà complesse come Roma, Milano o Torino, ma hanno anche vissuto da vicino le difficoltà quotidiane degli Ordini più piccoli, come Oristano e Biella. Da commissario a Tivoli, Civetta ha potuto toccare con mano quanto sia difficile garantire servizi con risorse limitate.

Proprio da quell’esperienza nasce “Punto Ordini”, un progetto sviluppato con gli Ordini di Milano e Torino per supportare concretamente le strutture dei territori medio-piccoli. Si tratta di una rete operativa che mira a fornire strumenti, soluzioni e tempo a quei colleghi che, chiamati a rappresentare la Categoria sul territorio, spesso si ritrovano soli e senza le risorse economiche adeguate. Il progetto è corale, basato sull’idea che nessun Ordine debba restare indietro. Non esistono periferie professionali, esiste un’unica comunità da ricostruire attraverso connessioni, competenze condivise e mutuo aiuto.

Parlando delle criticità della professione, Civetta individua innanzitutto un problema evidente: si lavora di più, ma si guadagna di meno. I dati confermano che, mentre il PIL è salito, seppure lievemente, negli ultimi sedici anni, il reddito reale dei commercialisti è diminuito. Non si tratta di percezioni, ma di fatti. E chi racconta una versione falsata della realtà, fatta di crescita e benessere, commette un grave errore strategico: se non ci si rende conto del problema non si farà mai nulla per risolverlo.

A questa difficoltà si aggiunge un’altra criticità ancora più grave: la perdita di attrattività della professione. Sempre meno giovani si avvicinano agli studi, e chi lo fa spesso abbandona presto. Le cause sono molteplici: incertezza economica, carico normativo e difficoltà a costruire un futuro dignitoso.

Secondo Civetta, la professione va ricostruita nei fatti, rendendola nuovamente sostenibile, attrattiva e degna. Non per tornare al passato, ma per offrire un futuro credibile a chi ha scelto o desidera scegliere questa strada. Una professione che non garantisce reddito e non coinvolge i giovani è una professione destinata a scomparire. Da qui nasce la responsabilità e l’urgenza di un nuovo inizio.

Quanto alle priorità del prossimo futuro, Civetta evidenzia un paradosso: quella dei commercialisti è una delle professioni più complete e trasversali del sistema economico italiano, ma non gode di alcuna competenza esclusiva. È una situazione che dura da anni. Anche questo Consiglio Nazione ha mantenuto il dialogo con la politica, ma senza ottenere tutele concrete o misure strutturali. Serve un cambio di passo: meno attestati di stima, più risultati concreti. L’agenda parte dalla ridefinizione dei rapporti con l’amministrazione finanziaria e con l’INPS, ancora oggi problematici per molti colleghi, e dal rilancio del tema delle tariffe professionali. Attualmente, i compensi sono regolati da norme del 2012 – o addirittura del 2002 – un fatto che Civetta definisce inaccettabile. Chi esercita una funzione di interesse pubblico non può essere trattato come un fornitore qualsiasi.

Su queste tematiche si valuterà la credibilità del futuro Consiglio Nazionale: non con le parole, ma con i risultati.

Infine, quando gli viene chiesto cosa lo spinga ancora a credere in questa sfida, Civetta risponde con convinzione: la forza gli viene dai colleghi. Da chi ogni giorno apre lo studio senza certezze, da chi si rimbocca le maniche nonostante le difficoltà, da chi crede ancora che questa professione abbia un senso. È convinto che esista una comunità stanca, ma non rassegnata, ferita, ma viva.

E che, se in tanti decidono di rialzarsi insieme, nessuna crisi potrà più dividerli. Perché questa – conclude – non è solo una professione, ma un modo per prendersi cura del Paese. E per questo vale la pena combattere per restituirle un futuro. Insieme.

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