Politica

«Avanti sulla giustizia nell’interesse di tutti»

da Roma

Nessuna frenata, niente passi indietro. Anzi, dice Silvio Berlusconi, «faremo ogni sforzo nella direzione indicata nei nostri programmi e che si incarna nella nostra azione». Sulla giustizia, dunque, avanti tutta. Non c’è più tempo né margine per le mediazioni, spiega infatti il Cavaliere in un messaggio alla Federazione tabaccai, soprattutto dopo i recenti scontri. «Tante polemiche strumentali finiscono con il mettere in secondo piano l’interesse collettivo. È certo però che faremo di tutto perché l’interesse di pochi non prevalga su quello di quasi tutti».
La norma blocca-processi quindi non si tocca. «Il governo - scrive il premier - ha scelto di mettere la sicurezza e l’ordine pubblico tra le priorità della sua azione, compresa la volontà di ridare efficienza e forza credibile a una giustizia che troppo spesso delude le aspettative in essa legittimamente poste». Cambiano i toni, ma non cambia la sostanza: Berlusconi, nonostante l’invito al dialogo di Umberto Bossi, sembra proprio deciso ad andare fino in fondo. Mentre il leader del Pd, Walter Veltroni, attacca: «Lui si occupa di questioni che riguardano se stesso, invece che affrontare i problemi del Paese. Noi, anziché discutere del “lodo Alfano”, col prossimo governo-ombra metteremo in campo proposte su salari e pensioni».
E il braccio di ferro tra politica e magistratura doveva essere, pare, il piatto forte anche dell’incontro pomeridiano tra Giorgio Napolitano e i due presidenti di Camera e Senato. Incontro che si è tinto di giallo. L’udienza, secondo alcune fonti parlamentari del centrodestra, doveva infatti essere incentrata sul «decreto sicurezza e sui temi collegati della giustizia, tenendo presenti le ultime vicende che hanno riguardato il Csm». Proprio oggi il plenum del Csm si esprimerà sul decreto «sospendi processi» dopo il parere negativo espresso la settimana scorsa dalla sesta commissione dello stesso Csm. Prima di salire al Quirinale, Gianfranco Fini e Renato Schifani in tarda mattinata si erano pure visti per più di un’ora a Montecitorio per concordare le loro posizioni e provare a chiedere a Napolitano di partecipare alla seduta del Csm, di cui è presidente, per frenare eventuali eccessi.
Poi il vertice a tre, che però, stando almeno ai comunicati, ha preso una piega del tutto diversa. Sembra impossibile che l’argomento giudici-Csm non sia stato toccato, eppure ufficialmente nessuna richiesta di intervento a Napolitano, niente divergenze sul ruolo e le esternazioni uscite da Palazzo de’ Marescialli. «Non si è parlato del Consiglio superiore della magistratura», hanno fatto sapere dal Colle. E per smentire le voci sulle frizioni con il capo dello Stato, gli uffici stampa di Camera e Senato hanno stilato addirittura una insolita nota congiunta. «Nell’incontro avuto questo pomeriggio con il presidente della Repubblica - si legge - i presidenti Schifani e Fini hanno trattato esclusivamente dell’organizzazione dei lavori parlamentari nelle settimane che precedono la sospensione estiva».
Era stato proprio Napolitano, lo scorso 25 giugno, a sollevare il problema dell’«ingorgo» dei decreti. La manovra triennale, il decreto sulla sicurezza, il disegno di legge sull’immunità per le alte cariche dello Stato: l’accumulo di provvedimenti da approvare entro luglio può alterare ulteriormente i rapporti politici tra i poli, con esiti imprevedibili. Se anche il Pd seguirà Di Pietro sulla strada dell’ostruzionismo, sarà quasi inevitabile per il governo ricorrere al voto di fiducia, che a sua volta provocherà altre tensioni e polemiche.

Per il Quirinale, che lancia appelli alla ragione a giorni alterni e che sta cercando di scongiurare la chiusura delle ultime finestre di dialogo, interrompere questa spirale perversa è diventata un po’ l’ultima frontiera.

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