Queste elezioni amministrative si svolgono in un singolare clima da «fine di un regno». E del resto è lo stesso líder máximo dei Ds a evocare il '92. È Rina Gagliardi su Liberazione a denunciare il disegno di costituire governi come quelli di Ciampi e di Amato, governi senza maggioranza politica che traevano forza dalla loro debolezza.
L'evento simbolo è Napoli sommersa dalla spazzatura nella sua periferia dopo gli anni del governatorato di Antonio Bassolino e del sindacato di Rosa Russo Iervolino. Perché alla base della spazzatura di Napoli vi è proprio il connubio improvvido di questa maggioranza di governo. In essa, anche oltre le differenze dei vari partiti, vi è una componente radicale che ritiene suo diritto bloccare le opere pubbliche quando esse riguardano il suo recinto di casa. È un antico costume della sinistra italiana di vendicare il diritto della piazza, l'occupazione delle ferrovie, il divieto delle opere pubbliche. Vi è nella sinistra italiana una componente anarchica che non esiste in nessun partito della sinistra europea e che non è riconducibile solo a Rifondazione. Dinanzi alle radici la divisione tra «apocalittici» e rivoluzionari e democratici «integrati» si manifestò già nei primi anni repubblicani del Pci, nel diverbio originario tra Palmiro Togliatti e Pietro Secchia. Per questo abbiamo avuto un '68 minore di quello europeo e un '77 maggiore, anzi solitario. Siamo l'unico Paese in cui è esistito un terrorismo che feriva, uccideva e sperava di poter ottenere una rivolta della classe operaia mediante l'umiliazione del potere della Democrazia cristiana e del padronato. Questo filone anarchico insurrezionale esiste solo in Italia. E forse allorigione cè la convinzione che la memoria della Resistenza fu tradita perché non divenne rivoluzione comunista.
Non è un caso che si riparli di Brigate rosse e che sia il sindaco di Bologna a dirsi preoccupato per questa emersione rossa nella sua città. Vi è una linea comune tra le discariche vietate al sud e la minaccia terrorista al nord.
A Napoli si consuma anche il mito della sinistra di governo, dei moderati. In realtà i moderati della sinistra sono dei postcomunisti che hanno avuto sempre l'orgoglio di non definirsi socialisti se non a livello europeo e di rifiutare la discendenza riformista da Turati, Matteotti e Craxi. Perché è ben evidente che Bassolino e la Iervolino hanno pagato con l'abdicazione dell'autorità il loro consenso sul territorio. Che il governatore Bassolino debba sparire dinanzi all'invasione della spazzatura e sia un commissario dello Stato a dover affrontare il problema che per natura sua è di competenza della Regione e del Comune, indica che Bassolino non governa la città. Fa quello che Biagio De Giovanni, già esponente nel Pci nel Parlamento europeo, gli rimproverò: quello di occupare con prebende regionali disperse in tutti i settori della politica tutto il ceto politico, ossia i politici di professione, siano essi di storia comunista o democristiana. Il governo Bassolino sa che solo pagando un prezzo alla gestione che la camorra fa dell'emergenza rifiuti può sedere sul suo alto scanno regionale. In questa occasione il Nord si fa vivo, ma non è Umberto Bossi a parlare, è il Corriere della Sera con Sergio Romano e con Mario Monti che dice apertamente che siamo governati da una «casta». E per «casta» il libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo dice bene quello che si intende: un personale politico senza radici che usa il suo potere istituzionale per pagare le prebende sue e dei suoi cari.
Tutto questo avviene alla vigilia delle elezioni amministrative in cui la sinistra, che controlla di gran lunga la maggioranza della «casta», cioè il ceto di politici professionali, avrebbe buone possibilità rispetto alla destra, in cui il personale politico non appartiene alla «casta» e viene dalla società civile.
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