Basta alibi, gli strumenti ora ci sono

Il federalismo demaniale, e le recenti norme per il rilancio della nautica, inserite nel Decreto Sviluppo, consentono finalmente di mettere mano alle infrastrutture per il turismo da diporto. Occorre assolutamente assottigliare il gap con i Paesi concorrenti che si affacciano sul Mediterraneo e che ogni stagione, puntualmente, «rubano» diportisti al Paese che costruisce le più belle barche del mondo: il nostro. Qualcosa è stato fatto (grazie agli investimenti privati), qualcosa si sta muovendo, molto resta da fare. Alcuni sindaci hanno capito che l’economia del mare è determinante per lo sviluppo, il benessere, e quindi per la crescita dei territori interessati. Molti tergiversano adducendo pretesti ambientali. Altri non hanno capito un beato niente. Costoro sono i signori del «no a prescindere», spesso amministratori di comuni senza altre risorse e indebitati fino al collo. Eppure esistono esempi virtuosi, modelli non solo da copiare, ma addirittura da esportare. Sono le eccellenze del mare: da La Spezia (Porto Lotti e Porto Mirabello) ai marina di Varazze e Loano, al «Carlo Riva» di Rapallo. Dopo la Liguria si muovono anche Lazio (Fiumicino) e Toscana (Scarlino, Cecina, Talamone).

In provincia di Salerno nasce un porto avveniristico: Marina d’Arechi-Port Village con lo zampino di Santiago Calatrava. Poi il buio o quasi. Mentre francesi, spagnoli, montenegrini, croati, sloveni e altri ancora, fanno affari d’oro.

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