Il titolo Le premier sexe (ora tradotto in italiano da Piemme: Luomo maschio, pagg. 143, euro 11,50) richiama volutamente il testo fondante del femminismo francese Le deuxieme sexe di Simone de Beauvoir, la compagna di Jean Paul Sartre che lì, nel 49, scriveva: «Ebbi una rivelazione: questo mondo era maschile, la mia infanzia era stata nutrita da miti forgiati dagli uomini». Ecco, Èric Zemmour, giornalista e polemista de Le Figaro, ha avuto la rivelazione opposta (scatenando una bella polemica intellettuale in Francia). La società è plasmata sui valori femminili, gli uomini (poiché non si può dire «maschi» senza scivolare nel ridicolo) obbediscono ai modelli etici voluti dal feminily correct, lestetica maschile è, né più né meno, unapplicazione di quella femminile. E le donne? Stanno ancora peggio: «Si sono de-femminizzate. Mentre lEuropa è femmina, i valori sono femmine, ci siamo tutti trasformati in una gigantesca e piagnucolosa Madame Bovary».
Zemmour, quindi la «femminilizzazione» della società è un problema tanto per luomo quanto per la donna.
«Per entrambi. Gli uomini non sanno più chi sono e le donne soffrono della mancanza - fisica, psicologica - degli uomini. Le donne traducono bene questo tormento. Vogliono tutto: uomini virili, ma non dei machi. Il problema è che devono scegliere. Quanto agli uomini, apprendono, sotto la pressione della società, a respingere i loro istinti più profondi».
Si dice: le donne stanno conquistando la loro libertà.
«Certo, si sono emancipate dal padre e dal marito. Ma sono cadute sotto il dominio della pubblicità. Tutte le loro scelte, fino al loro corpo, sono costrette in norme rigorose. Hanno gettato il corsetto nelle pattumiere della storia ma, sotto la pressione commerciale della moda, impongono ai loro corpi costrizioni ben peggiori di quelloggetto dantiquariato».
Viviamo ancora in unepoca femminista come negli anni 70?
«È un nuovo femminismo. Il femminismo degli anni 70 voleva che le donne vivessero come uomini, pensassero, lavorassero come uomini. Il femminismo doggi esige invece che gli uomini vivano come donne. La donna non è più un sesso ma un ideale».
Eppure le donne lamentano di vivere in una società che, soprattutto nel lavoro, privilegia ancora gli uomini. Non è così?
«Lentrata delle donne nel mondo del lavoro è fondata su unambiguità. È stata presentata come un progresso, unemancipazione, una liberazione. Ma non si è voluto vedere e dire che questo processo, allinizio degli anni 70, ha permesso ai datori di lavoro di fare pressione sui salari dei dipendenti uomini. Ciò non è dovuto a un caso. È ciò che Karl Marx chiama lesercito di riserva del capitalismo. Di solito, questo ruolo è attribuito agli immigrati. È per questo che i salari delle donne sono inferiori a quelli degli uomini. Non è discriminazione. I proprietari hanno assunto donne per questo: per abbassare il costo complessivo del lavoro».
In che modo i valori femminili dominano la società?
«Tolleranza piuttosto che conflitto, consenso piuttosto che autorità, precauzione piuttosto che rischio, intuizione piuttosto che ragione, in tutti i settori questi valori femminili sono portati al vertice. È tutta la società che si abbevera a questi valori femminili».
Ma come sarebbero arrivate le donne ad avere questo potere?
«Lidentità delluomo è legata da millenni alla guerra. Rischiava la sua vita ma era un eroe tutelare. Ma, con la guerra del 1914-1918, lo sguardo degli uomini cambia. Con questa guerra terribile, questa macelleria, non sono più eroi. Il costo è troppo elevato, vogliono abbandonare la loro condizione duomo, troppo pesante da portare. Non è un caso se i primi movimenti femministi datano a quel momento. Sono una conseguenza e non una causa. Le donne si impadroniscono di un potere che gli uomini non vogliono più».
Lei descrive questa egemonia femminile come un totalitarismo.
«Mi riferisco alla volontà di prendere in carico la vita privata degli uomini e delle donne e cambiare i loro comportamenti fino nellintimo. È lobiettivo di qualsiasi totalitarismo, religioso o politico».
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