«Benedetto il ritocco dei prezzi: vuol dire che ripartono i consumi»

«Balzo in avanti dell’inflazione? Non esageriamo con gli allarmi: siamo sempre su livelli abbastanza bassi, e in Italia siamo messi meglio degli altri Paesi europei». Marco Fortis, docente di economia all’Università Cattolica di Milano e vicepresidente della Fondazione Edison, ridisegna la cornice in cui inquadrare i dati Istat ed Eurostat sull’andamento dei prezzi.
Dobbiamo aspettarci le stangate previste dalle organizzazioni dei consumatori oppure no?
«E che cosa avrebbero detto se si fossero trovati nell’area Ue? Siamo ancora di fronte ai livelli più bassi degli ultimi cinquant’anni: e senza andar lontano, prima della crisi eravamo abituati a un’inflazione ben più elevata. Non voglio minimizzare: è vero che stiamo assistendo a una crescita delle materie prime, sia energetiche che agricole, che inevitabilmente si ripercuote sul costo di tutti i prodotti, dai carburanti agli alimentari. Ma i “colpevoli”, se proprio vogliamo dirlo, sono i governi di Stati Uniti e Gran Bretagna».
In che senso?
«Perché drogano i mercati con iniezioni di liquidità: hanno economie basate sulla finanza, soprattutto quella inglese, per cui le Banche centrali hanno ritenuto necessario sostenere i titoli. Ma è una politica che protrae i problemi senza risolverli. Tant’è vero che negli Stati Uniti lo stesso Fondo monetario prevede che nel 2015 il debito pubblico arriverà al 110% del Pil, il che, se si aggiunge al già elevatissimo debito delle famiglie, si trasforma in una forbice pericolosa».
E questo come si ripercuote sugli aumenti?
«La sfiducia negli investimenti tradizionali spinge la speculazione sulle materie prime: vedi l’oro, ma non solo, tanto che già si parla del 2011 come l’anno dell’argento. Anzi, io mi preoccuperei di più dell’aumento dell’oro che della fiammata del petrolio: la storia insegna che se non c’è una vera domanda le impennate del greggio durano poco».
Ed è questo il caso?
«Il problema vero è che l’economia non cresce, o almeno cresce troppo poco: è vero che la domanda è ripartita, ma non quanto sarebbe necessario per dare veramente il segnale dell’uscita dalla crisi. Arrivo a dire che un po’ d’inflazione sarebbe benedetta, se volesse dire che i consumi sono davvero in ripresa: ma non ci siamo ancora».
Parliamo del popolo dei mutui: deve preoccuparsi?
«Non direi: anche perché, a differenza di altri Paesi europei e degli Stati Uniti, in Italia la percentuale di chi è davvero in difficoltà con i mutui è piuttosto bassa. Inoltre, in molti casi si tratta di investimenti immobiliari di tipo cautelativo, come avviene sempre in momenti di Borse incerte.

Comunque, stiamo sempre parlando di una situazione di debito privato tutto sommato limitata, rispetto ai disastri di altri Paesi: tanto più che i nostri conti pubblici sono più in ordine che altrove. E lo dobbiamo all’accorta politica di contenimento esercitata dai ministri dell’Economia negli ultimi anni: i problemi che ci sono, in realtà, sono soprattutto eredità degli anni Ottanta».

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