La religione islamica ha criticato la religione cattolica accusandola di aver criticato la religione islamica. Meglio: l'Islam ha criticato il Papa dicendogli che non può permettersi di criticare l'Islam. È accaduto ieri e non è solo grave, è anche l'esempio più perfetto di quella mancanza di reciprocità tra nazioni o continenti o se vogliamo civiltà (in termini religiosi come politici) di cui tanto e vanamente si è discusso da cinque anni a questa parte.
Ma questa volta non sono vignette, e chi scrive lo dice da agnostico: si tratta pur sempre della parola del rappresentante di Dio sulla Terra, della massima autorità morale d'Occidente: la quale martedì, nella sua lectio magistralis pronunciata in Germania, si era permesso di dare un'interpretazione della dottrina maomettana non proprio di comodo, a dirla male. A Ratisbona, martedì, parlando in quell'università dove aveva insegnato teologia tra il 1969 e il 1977, Papa Ratzinger aveva toccato il tema della guerra santa e aveva detto che la conversione ottenuta con la violenza, come può accadere in Islam, è irragionevole e contraria alla natura di Dio.
Nel corso della sua lezione tuttavia si era rifatto a un solo e singolo esempio, quello dell'imperatore Manuel: a scanso di equivoci, il portavoce della Santa Sede aveva poi precisato appunto che «è solo un esempio, sappiamo che dentro l'Islam ci sono molte posizioni diverse, violente e non-violente». Anche la scorsa settimana, qualcuno ricorderà, il Papa aveva detto che nessuno ha il diritto di usare la religione per giustificare il terrorismo. Già descrivendo così le parole del Papa, tuttavia, pare quasi che noi si debba difenderlo e giustificarlo: come se lo scandalo vero non risiedesse nelle reazioni registrate ieri nel mondo islamico.
A dar fuoco alle polveri è stata la solita Tv del Qatar, Al Jazeera. Aveva informato il mondo arabo delle parole del Papa, due giorni dopo la sua lezione, ma l'aveva fatto in maniera maldestra: aveva estrapolato giusto le parole che potevano suonare offensive per i musulmani e non altro. Uno scherzo con fuoco, dimenticando di specificare che le parole del Pontefice corrispondevano meramente alla citazione di un libro di storia; troppo tardi per precisare. Sui forum islamici in Internet, gli stessi forum che sovente pubblicano i video e i comunicati della rete di Al Qaida, la scomunica aveva inizio da quel momento. Ecco un estratto tra altri: «Che Allah lo maledica, è venuto da te il nostro profeta per combattere e per sgozzare. Toccati quindi il collo, o Benedetto». Il collo ce lo toccheremmo tutti, nel giorno in cui dovesse toccarselo il Papa.
Quello di ieri pomeriggio era solo l'inizio di una vera e propria Jihad contro il Pontefice, e poco importa che i gestori dei forum abbiano cercato di correre ai ripari quando appunto era troppo tardi. Non si trattava di vignette, no, non si potevano arrabattare discorsi sulla lesa sensibilità islamica, pur a margine di un diritto di critica (di satira) che era e resta fondamento del nostro vivere comune. Perciò scendevano in campo, ieri, anche alcuni tra i principali leader religiosi islamici, tolleranza compresa: «Nelle parole di Joseph Ratzinger c'è un collegamento tra la Jihad, la guerra santa, e il terrorismo», ha detto Sayed Baqer al-Mohri, capo dell'assemblea sciita degli Ulema. Seguiva immediata richiesta di scuse, perché collegare la Jihad e il terrorismo pare essere un assioma ardito. Tanto che Haken al-Mutairi, segretario generale del partito della comunità islamica degli emirati, la metteva giù ancora più dura: «Chiedo a tutti gli Stati arabi e islamici di interrompere le relazioni diplomatiche con lo Stato Vaticano, sino a che il papa non si dirà dispiaciuto». Poi, sempre ieri, a macchia d'olio, il capo del Consiglio Francese per la Religione Musulmana (Cfcm) chiedeva «chiarimenti» al Vaticano. «Bisogna stare attenti», ha detto, «a non confondere l'Islam, che è una religione rivelata, e l'islamismo che non è una religione, ma un'ideologia politica». Una distinzione che l'Occidente non si è mai posto.
E in Italia? Il segretario generale della Comunità Religiosa Islamica, ieri, si è limitato a segnalare «una mancanza di opportunità e di sensibilità nei confronti dei milioni di fedeli musulmani che vivono in Europa e nel mondo», ma non senza però specificare che «dall'inizio di questo pontificato è mancato un segnale di disponibilità verso il dialogo interreligioso». La disponibilità al dialogo interreligioso dei leader islamici, invece, l'abbiamo vista ieri. Ora si tratta di auspicare che non si estenda, come tipicamente accade, in Islam, laddove non vi è cautela e non vi è attenzione per quanto sia stato effettivamente fatto o pronunciato: da innocenti vignette alle parole innocue che martedì hanno risuonato in un'aula universitaria; autorità islamiche anche moderate che paiono ben disposte a soffiare sul fuoco che c'è ma nondimeno, come visto, su quello che non c'è: ciò che nessun occidentale potrebbe mai permettersi di fare, pena il risultare provocatorio o comunque politicamente scorretto. Sconfortante è peraltro che la nazione indicata da tutti come punta di diamante dell'Islam moderato, la Turchia, di fronte al gran canaio di ieri non abbia a sua volta osato prudenza. Il Gran Muftì turco, la massima autorità religiosa del Paese, ha letto a sua volta i giornali islamici e ha decretato: «L'Islam deve guardare con preoccupazione al prossimo viaggio di Benedetto XVI in Turchia». Ma è come se anche la moderata Turchia non aspettasse altro. Quando Ratzinger divenne Papa, infatti, un quotidiano turco titolò così: «È Papa il cardinale che ha polemizzato con Erdogan». L'allora cardinale Ratzinger, in un'intervista a Le Figaro, si era detto contrario all'ingresso della Turchia in Europa per ragioni storiche e culturali, e il premier Erdogan aveva risposto così: «La Turchia parla solo coi Paesi europei». Il clima era già quello. Quando poi Papa Ratzinger aveva chiesto di visitare Costantinopoli e di poter incontrare il patriarca ortodosso, l'anno passato, Ankara aveva risposto di no. Non era tempo.
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