da Roma
Che George W. Bush tenesse particolarmente all’incontro con «l’amico Silvio» lo si era capito già da qualche settimana. Da quando è apparso chiaro a tutti che pur di condividere un caffè con il Cavaliere, l’inquilino della Casa Bianca non avrebbe esitato a stravolgere il delicato protocollo diplomatico. E avrebbe concesso, prima volta da quando è presidente degli Stati Uniti, un’ora della sua fitta agenda di appuntamenti durante una visita in una capitale estera anche al leader dell’opposizione. Un vero e proprio strappo alle regole non scritte della diplomazia, tanto che più d’una volta Bush si premura di far sapere che i suoi rapporti «sono ottimi con Romano Prodi così come con Berlusconi». Anzi, arriva perfino a confermare quanto andava ripetendo da ieri il premier, spiegando di aver parlato del faccia a faccia con il Cavaliere direttamente con il Professore che, aggiunge, «non mi porta rancore». Che poi invece dell’annunciato caffè il gran caldo abbia convinto i presenti che era meglio un bicchiere d’acqua minerale con ghiaccio e limone poco importa.
Così, visto che l’obiettivo della Casa Bianca è quello di non creare incidenti diplomatici e mettere a rischio i buoni risultati d’immagine che Bush porterà a casa dalla trasferta romana, quando Berlusconi rientra a Palazzo Grazioli dopo quasi un’ora di colloquio con il presidente americano in quel di Villa Taverna è cauto come raramente accade. Entrato dall’ingresso sul retro, infatti, prima di concedersi al nugolo di cronisti e telecamere temporeggia per una decina di minuti buoni in compagnia di Gianni Letta, Valentino Valentini e Paolo Bonaiuti. Poi si presenta ai cronisti davanti al portone di via del Plebiscito e spiega che «l’incontro è stato molto cordiale», quasi «affettuoso». Ma, aggiunge scuotendo la testa, «non chiedetemi altro perché il riserbo mi impone di non dirvi altro». Solo quando viene avvicinato da pochi cronisti mentre rientra nell’atrio di Palazzo Grazioli ammette: «Sì, abbiamo parlato di tutto. Anche di Prodi».
Una conferma del fatto che si è trattato di un confronto a 360 gradi, anche sulle questioni italiane. Bush, infatti, non avrebbe fatto mistero con il Cavaliere della sua delusione per aver dovuto annullare la visita a Trastevere, di cui tante volte, racconta, gli ha parlato la figlia Barbara sin da quando ancora adolescente fece la sua prima vacanza a Roma. Cosa della quale Berlusconi si è scusato «a nome di tutto il Paese». Nell’incontro ristretto a pochissimi partecipanti (Spogli e un paio di collaboratori della Casa Bianca da una parte, Letta Valentini e Bonaiuti dall’altra) si parla anche di politica internazionale, argomento su cui i due si trovano «in perfetta sintonia» a differenza di quanto accade da un anno a questa parte con il governo Prodi. Nessuno dei presenti, infatti, nega che rispetto al passato «i rapporti tra Italia e Usa si sono incrinati». Anche se sul punto il Cavaliere avrebbe manifestato un cauto ottimismo per il futuro perché «ormai qui la situazione è insostenibile». E visto che da giorni andava dicendo ai suoi più stretti collaboratori che avrebbe rassicurato Bush su un suo repentino ritorno a Palazzo Chigi, è molto probabile che l’abbia fatto davvero.
Nel suo resoconto con i cronisti, però, si limita solo a ribadire il rapporto personale che lo lega a Bush («in cinque anni di governo ho avuto modo di stringere con lui un’amicizia forte e radicata») concedendo pochi particolari. Intanto che quello di ieri non sarà l’ultimo incontro perché, dice, «credo che avrò modo di averlo mio ospite, magari per farsi qualche foto dove sa che mi diletto a costruire dei musei botanici» (e dunque in Sardegna). Poi l’ex premier racconta di avergli chiesto di «essere visiting professor dell’università della Democrazia e delle libertà» che ha intenzione di aprire a breve in Brianza. «Si è complimentato - aggiunge - e mi ha detto che anche lui vuole fare una cosa simile in Texas e che ci sarà uno scambio».
Poi il Cavaliere parla delle manifestazioni anti-Bush, ma solo per dire che sono proteste «inconcepibili» e che «col mio governo non sarebbe successo». E aggiunge: «Avrei imposto una scelta: “O stai nell’esecutivo o manifesti in piazza”». Durissimo anche sulla profanazione della targa di Aldo Moro: «Un fatto doloroso frutto del clima di odio politico».
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